
Stefano Conti, 40 anni, prima del carcere Oggi sta vivendo una situazione da incubo a Panama
Varedo (Monza e Brianza) 5 febbraio 2025 “Non dormo, mi scoppia il cuore”. Stefano Conti conta i giorni ormai. Tic tac, tic tac. Il suo appuntamento col Tribunale di Panama City, dove è atteso da un processo da cui potrebbe uscire con una condanna fino a 30 anni di reclusione, è dietro l’angolo. L’11 febbraio si comincia, “e dovrebbe durare non più di 10 giorni. Il sistema penale a Panama è così, le udienze sono tutte concentrate in un lasso di tempo abbastanza breve”.
L’accusa di cui deve rispondere Stefano Conti è tratta di esseri umani a scopi sessuali. In soldoni, aver trafficato in prostitute.
Lui, 40 anni, una vita come trader capace di gestire fino a 5,5 milioni di dollari, è sì un gaudente e un estimatore dei compagnie femminili, anche a pagamento, ma nega decisamente le accuse. Per quell’accusa intanto si è fatto 423 giorni di reclusione al carcere La Joya a Panama, uno dei peggiori del Mondo. “Dietro le sbarre, in stanzoni di 60 metri quadri in cui si viveva anche in 26 detenuti, ho assistito a quattro omicidi, sei sparatorie, risse. Non avevo acqua se non per un’ora al giorno, per settimane non ho visto uno spicchio di sole, mi sono preso la scabbia pagandomi da solo le medicine al mercato nero. Ero costretto a vivere in mezzo a topi, sanguisughe e scarafaggi, li sogno ancora di notte”.
L’accusa di cui deve rispondere è “falsa. A Panama la prostituzione è legale, c’è un bordello a ogni angolo di strada, li vedo anche ora dalla mia camera dove sono costretto agli arresti domiciliari”. Lui a Panama era andato a viverci sei anni fa. Partito dalla sua Brianza (ultimo domicilio a Varedo, la gioventù a Cesano Maderno) aveva fatto fortuna come trader. Fatturava milioni di dollari. “E sono questo mi ha consentito di sopravvivere, mi sono potuto permettere fino a sette avvocati e pagarmi quel pugno di riso che mi servito a nutrimi in un carcere dove la corruzione regnava sovrana”.
E l’Italia? “Sono schifato, non mi ha saputo e voluto difendere, l’Ambasciata si è lavata le mani di me. Al mio processo è venuto due volte solo il deputato di Fratelli d’Italia Andrea Di Giuseppe, eletto all’estero nella circoscrizione Nord e Centro America. La magistratura panamense non è riuscita a trovare le prove per le sue accuse”. A onor del vero, le sei prostitute colombiane che secondo l’accusa sarebbero state portate a Panama per prostituirsi hanno scagionato il trader brianzolo. Hanno accusato la polizia panamense di aver estorto con la violenza le accuse. Conti non nega di essersi spesso accompagnato alle prostitute, e di aver prestato soldi a una (e non sei) di loro. “Prestavo soldi a tutti, ne avevo tanti e le donne mi son sempre piaciute. A Panama avevo trovato il Bengodi, facevo la bella vita. Eppure mai ho favorito o sfruttato la prostituzione né tanto meno ho costretto qualcuna a vendersi. Non avevo alcun tornaconto economico, anzi i prestiti non mi sono mai stati restituiti”.
E ancora, l’Italia? “Ha inspiegabilmente ignorato la mia situazione. Ilaria Salis, accusata di violenze per strada a Budapest, l’hanno eletta al Parlamento europeo, la giornalista Cecilia Sala è stata liberata dalle prigioni iraniane. Anche Chico Forti è stato riportato nel nostro Paese nonostante una condanna per omicidio. Io non ho fatto male a nessuno”. Ha accusato formalmente la Giustizia poanamese di complotto nei suoi confronti... “Ho le prove, servivo solo a fare statistica, il Governo panamense è sotto l’occhio internazionale perché accusato anche di favorire la prostituzione. Voglio essere assolto con formula piena, perché nel mio caso il fatto non sussiste”.