Monza, il rudere diventa un super stadio

Dalle stalle alle stelle, le magagne del Brianteo costruito negli anni ’80 e diventato cattedrale nel deserto

Lo stadio Brianteo

Lo stadio Brianteo

Monza, 9 settembre 2020 - Che sarà mai un nome? Sabato sera, assistendo in diretta tv all’amichevole a San Siro fra Milan e Monza, i vecchi tifosi biancorossi hanno cominciato a familiarizzare con la novità (chi ancora non la sapeva è sobbalzato in poltrona): lo stadio del Monza, il Brianteo, ha cambiato nome. D’ora in poi si chiamerà U-Power Stadium, dal nome dell’azienda, specializzata in calzature e abiti da lavoro, che ha stretto un accordo commerciale con il patron Silvio Berlusconi direttamente a Villa Certosa. Nello sport, moderno soprattutto, è normale. Sono già parecchi gli stadi o palazzetti dello sport (anche a Monza, fra PalaIper a Candy Arena) che prendono nome dallo sponsor di turno.

E dunque anche lo stadio Brianteo, dopo oltre trent’anni di (poco) onorata carriera ha cambiato nome e prima ancora sta cambiando pelle. Costruito sul finire degli anni Ottanta sotto l’egida del presidente costruttore Valentino Giambelli, col sogno di raggiungere prima o poi la serie A, si era presto trasformato in quella che in molti avevano ribattezzato “cattedrale nel deserto”. Uno stadio da più di ventimila posti che però anno dopo anno perdeva pezzi (letteralmente) e spettatori (sempre pochini), seguendo le sorti infauste di una squadra sprofondata, attraverso due fallimenti, fino al calcio dilettantistico. Con i nuovi parametri di sicurezza richiesti per un impianto sportivo (tornelli e non solo), lo stadio si era rimpicciolito anno dopo anno, con interi settori (Tribuna Est e Distinti) irrimediabilmente chiusi, mentre i sempre più striminziti spettatori biancorossi si accontentavano di pochi scalcagnati sedili. Ora però tutto cambia. Appena arrivata, la nuova proprietà targata Fininvest ha messo sul piatto più di cinque milioni di euro solo per risistemare gli impianti sportivi, compreso il centro sportivo Monzello.

Innanzitutto ha tagliato l’erba e messo i cestini della spazzatura – mancavano pure quelli – e subito dopo allo stadio sono arrivati impianti di illuminazione con giochi di luce stroboscopici, quattro Sky Box (salottini vip che anche in serie A in pochi possono permettersi) e un ascensore dove prima c’era solo un buco. In Tribuna sono arrivati seggiolini nuovi. E dunque da venerdì scorso il vecchio, decrepito Brianteo, ha cambiato identità. Una scelta che fa un po’impressione, certo, per i pochi aficionados di antico pelo. Forse poco romantico, a dispetto del motto scelto da Adriano Galliani ma caldeggiato ben prima dagli ultras biancorossi. Quelli della Curva Davide Pieri, davvero genuini, che pochi anni fa compravano da mangiare ai giocatori lasciati letteralmente alla fame dagli ultimi presidenti-banditi visti al Brianteo.

E si vocifera che anni prima anche qualche giocatore rimasto senza neppure un tetto sulla testa in quello stadio fosse stato costretto a dormirci. Ora è un nuovo mondo, però, e se cambiare nome è lo scotto per assaporare una squadra mai vista, capace di duettare a testa alta a San Siro contro il Milan e di sognare in un futuro più prossimo che venturo di approdare là dove non era mai stata prima, beh… per molti ci può anche stare. Sedere in un ristorante stellato dopo essere stati costretti a ingoiare per anni pane e cipolla fa gola. Berlusconi e Galliani stanno apparecchiando una tavola sontuosa. E in molti sono pronti a sedersi a banchetto. A patto di ricordare sempre da dove si è partiti.

E che sarà mai un nome? In fondo, come diceva Umberto Eco nel Nome della Rosa, riflettendo sulla caducità dei sogni di gloria, "Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus". Restano solo i nomi, alla fine, ma stavolta i sogni di gloria forse si stanno per realizzare.