
Le lacrime di una sposa (foto di repertorio)
Vimercate (Monza e Brianza), 2 febbraio 2020 - Tutto era pronto per il giorno più importante - almeno nelle intenzioni - della loro vita. Tutto era pronto per festeggiare degnamente i due sposini. I fiori erano stati scelti e addobbavano la chiesa, i parenti erano schierati con indosso l’abito della festa, i confetti erano pronti per essere distribuiti ai testimoni, il riso per essere lanciato a simboleggiare l’abbondanza che ci si augura sempre possa accompagnare i novelli sposi nella loro nuova vita in comune. Le bomboniere - semplici ma eleganti - attendevano i testimoni alla fine della cerimonia. Era il febbraio del 1969 e al Santuario della Beata Vergine di Vimercate si attendeva soltanto l’arrivo degli sposi. Tutto previsto, tutto calcolato, insomma.
Quello che invece nessuno avrebbe mai neppure potuto immaginare era che il futuro marito... si sarebbe dileguato poco prima di salire all’altare per raggiungere - anzi per anticipare come tradizione vorrebbe - la futura mogliettina. La reazione degli invitati e dei familiari era stata quella di chi ha appena ricevuto un pugno nello stomaco. Prima il silenzio, il brusio, il nervosismo che cominciava a serpeggiare fra le fila, poi le grida sempre più isteriche ad accompagnare il pianto a dirotto della sposa mancata. E infine le maledizioni, e gli improperi da parte di più di un parente. Ma cos’era successo?
Il problema è che Giuseppe – questo il nome (di fantasia) dello sposo, di cui non diremo altro per non turbare pur a distanza di tanti anni il diritto all’oblio – si era rivelato un abile quanto volgare mentitore. Come si scoprì infatti in seguito, già prima delle nozze mancate, quando aveva conosciuto la sua futura sposa, si era presentato a lei, così come ai suoi genitori, come un onesto impiegato in una casa editrice di Milano quando invece non svolgeva il ben che minimo lavoro.Insomma, aveva finto di essere un tipo a posto, serio, con uno stipendio sicuro, voglia di darsi da fare. Una persona rispettabile, sulla quale si poteva contare a occhi chiusi.
Con un posto di responsabilità nell’azienda per la quale lavorava, circostanza che non aveva fatto altro che destare un buona impressione nei futuri suoceri. Tanto che nulla avevano trovato da eccepire quando l’uomo aveva convinto la loro figlia a licenziarsi dal proprio posto di lavoro come infermiera in una clinica della Brianza. "Non ci sarà più bisogno che lei vada a lavorare, dopo il matrimonio dovrà fare la signora". Una prospettiva che oggi farebbe inorridire e gridare allo scandalo, probabilmente, ma che all’epoca, cinquant’anni fa, era tutt’altro che inusuale e trovava il gradimento di parecchie persone.
Man mano che conosceva e cominciava a frequentare la giovane, però, il comportamento del presunto l’impiegato avrebbe dovuto destare qualche perplessità, dato che l’uomo aveva cominciato ad avanzare delle strane richieste di denaro alla sua promessa sposa. In maniera tanto convincente - e apparentemente innocente - che era riuscito in più riprese a ottenere piccole somme di denaro, sino a raggiungere il non indifferente “gruzzoletto”, soprattutto per l’epoca, di circa trecentomila lire in contanti.
Oltre a due anelli del valore di centomila lire con cui – diceva – avrebbe provveduto ad arredare il loro nido d’amore. Ricorrendo ad artifizi vari, il giovanotto era perfino riuscito a farsi regalare una Fiat 850 che era peraltro andata distrutta in un incidente stradale. Tutti i dubbi, espressi ma soprattutto soltanto immaginati, si erano tristemente materializzati quando il giorno delle nozze il fidanzato si era letteralmente volatilizzato lasciando con un palmo di naso la ragazza e tutti gli invitati. E la giovane aveva mestamente compreso di essere stata truffata.
Una volta denunciato, il soggetto era stato rintracciato senza troppe difficoltà. Ci avevano pensato i carabinieri. E il Romeo (si fa per dire) mancato era stato alla fine processato e condannato qualche mese più tardi dal Tribunale di Monza alla pena di tre anni di reclusione e al pagamento di un risarcimento. Non è dato sa pere a quanto ammontasse con esattezza la somma destinata a risarcire la mancata sposa, l’unica speranza è che la giovane abbia trovato modo di asciugare le proprie lacrime, di rifarsi e soprattutto di trovare finalmente la felicità dopo aver patito una tanto crudele delusione.