Arcore, Sonja Blanc: "Per le nostre imprese ancora nessun aiuto"

Sonja Blanc alla guida della Sireg azienda leader nel settore costruzioni: "A causa della burocrazia non siamo ancora riusciti ad accedere ai prestiti"

Sonja Blanc, imprenditrice alla guida della Sireg di Arcore

Sonja Blanc, imprenditrice alla guida della Sireg di Arcore

Arcore (Monza Brianza), 13 maggio 2020 Mi sarei aspettata visto che sono passati ormai più di due mesi dall’inizio di questa crisi, di vedere gli aiuti tanto promessi dal Governo, come avvenuto in altri Paesi europei, dove sono stati erogati finanziamenti alle imprese in poche ore e a fondo perduto. Noi, anche a causa delle solite, complicate procedure bancarie, non abbiamo ancora avuto modo di accedere ai finanziamenti che lo Stato ha promesso di garantire, che poi dovremo comunque restituire".

L’appello a sveltire la macchina burocratica arriva da Sonja Blanc, imprenditrice alla guida della Sireg, creata dal nonno nel 1936 e oggi punto di riferimento nel mercato mondiale delle infrastrutture e delle costruzioni civili. L’azienda di Arcore conta 80 dipendenti, e ha fatturato nel 2019 12 milioni. per il 73% all’estero, in 65 nazioni.

L’innovazione è nel suo Dna. Tra i suoi prodotti di punta, che hanno ricevuto importanti riconoscimenti in Italia e all’estero, c’è il Tubo Bio in plastica biodegradabile, brevettato per iniettare nel sottosuolo componenti utili a consolidare il terreno senza inquinare. le barre in composito - vetroresina, carbonio e fibra aramidica - usate per rafforzare il terreno quando si fanno scavi sotterranei per metropolitane, gallerie, dighe o per il rinforzo di ponti, scuole, ospedali, palazzi e monumenti come il Louvre, Torre di Pisa, Campanile di San Marco.

Oggi il problema è rimettersi in marcia. "L’esperienza del Coronavirus, con il lock down prima, e ora con un piano dai contorni non ben definiti di riaperture, ha messo noi imprenditori in una condizione di grande difficoltà e disorientamento". Il modo di decidere le aperture nella Fase 1, basandosi sui codici Ateco e senza tenere conto delle specificità delle singole realtà, ha creato situazioni paradossali. Una delle società del gruppo, la Sireg Geotech, per esempio è rimasta aperta anche se i cantieri erano fermi, "mentre Sireg Hydros, fornitore accreditato Onu, è rimasta chiusa nonostante ci fosse richiesta dal mercato. Così gli ordini ricevuti dall’inizio di marzo sono stati vicini allo zero. Io comunque ho preferito anticipare la cassa integrazione ai miei dipendenti, per evitare a loro di affannarsi per recuperare l’importo dovuto dall’Inps".

Le imprese si aspettano iniezioni di fiducia e di liquidità: "Mi chiedo se la Pubblica amministrazione salderà i debiti verso i fornitori e rispetterà la normativa comunitaria che prevede i pagamenti a 30 giorni". Anche sul fronte della sicurezza anti-Covid, niente contributi: "Per il momento, ci siamo arrangiati chiedendo a un nostro fornitore di filtri in tessuto non tessuto di realizzare per noi delle mascherine in cotone lavabile. Abbiamo un termoscanner all’ingresso per rilevare la temperatura corporea. Problemi di distanziamento in fabbrica non ne abbiamo: si lavora in 2-3 persone in capannoni da 800–1000 metri quadrati".

I l 4 maggio è cominciata la Fase 2. "Lo Stato deve tornare a investire nelle infrastrutture del Paese: intervenire su ponti e viadotti per decenni dimenticati, costruire infrastrutture dati, idrauliche, trasporti, porti, fondamentali per mantenere il paese competitivo e per ammodernarlo. Le nostre opere pubbliche risalgono al dopoguerra, quando si faceva un largo uso di calcestruzzo armato e armature metalliche. Il degrado di queste strutture è evidente, per non parlare dei crolli". Sireg vende soprattutto all’estero (circa l’80%) i suoi prodotti in materiali plastici e compositi (fibra di vetro) alternativi al metallo per le grandi opere: "È paradossale, quando in Italia ci sarebbe così tanto da fare. I nostri prodotti permettono ai ponti di non arrugginire e alle falde acquifere di non essere inquinate".