"Scuola a casa? Nostro figlio la fa da sempre"

Il racconto di una famiglia brianzola che ha scelto la home schooling per il bimbo che oggi ha otto anni e non ha mai frequentato una classe

Giacomo con mamma Serena e papà Fabio che hanno scelto un metodo d’istruzione alternativo

Giacomo con mamma Serena e papà Fabio che hanno scelto un metodo d’istruzione alternativo

di Alessandro Crisafulli

Scuola aperta? Chiusa? Lezioni in presenza o a distanza? Una settimana sì e l’altra no? Banchi a rotelle, distanziometri e connessioni balbettanti? Ministro Azzolina promosso o bocciato? Tutte domande impellenti e assillanti per la stragrande maggioranza delle famiglie italiane. Ma lontane anni luce dalla quotidianità di chi ha optato per l’educazione parentale. O "home schooling". La pratica che, nata e diffusa nei paesi anglosassoni, sta lentamente prendendo spazio anche in Italia. Brianza compresa. E che, con il lockdown uno e bis, sta facendo ulteriori adepti.

Lo racconta Serena Scenini, che insieme al marito Fabio Bonfrisco, ne ha fatto una scelta di vita, da subito, da quando è nato Giacomo, che adesso ha 8 anni. Tutto viene appreso a casa o all’aria aperta, spontaneamente, attraverso le domande del bambino, la sua curiosità, e le risposte che cerca insieme al genitore, in un contesto di auto e reciproco apprendimento. Tutto autorizzato. Si informa la scuola più vicina con una apposita dichiarazione, il dirigente verifica la capacità "tecnica ed economica" della famiglia di provvedere all’istruzione del bambino, ogni fine anno scolastico lo studente sostiene un esame di idoneità, per passare all’anno successivo. "Certo in teoria per noi non è cambiato niente – racconta Serena, allenatrice di pallavolo – perchè il nostro percorso e processo educativo prosegue: ci alziamo quando vogliamo e, in base a quello che succede, impostiamo le nostre attività, i nostri lavoretti, le nostre letture e gli approfondimenti. Però il momento è difficile sicuramente anche per chi fa educazione parentale...".

Perchè le attività extra, le uniche che permettevano al bambino di relazionarsi e giocare con i coetanei, sono bloccate: "Giacomo faceva calcio, pallavolo, nuoto, ma andavamo anche sempre al parco di Monza a giocare con altri bambini - spiega la mamma -, adesso è tutto bloccato e quindi non può vedere nessuno oltre noi e sicuramente ne soffre". Anche se più abituato degli altri coetanei, a un "pezzetto" di quotidianità da solo con i due genitori a turno, non è semplice adesso. "E’ un po’ arrabbiato a volte ma si può fare poco – prosegue la mamma – speriamo che presto si possa uscire da questa situazione".

Anche perchè - a differenza dei suoi coetanei - il piccolo brianzolo sta alla larga anche dalla tecnologia, "lui chiede spesso il cellulare magari solo per vedere i cartoni ma lo teniamo lontano più possibile: molto meglio, quando si può, uscire, andare in mezzo alla natura, alla scoperta di montagne, valli, parchi. Oppure semplicemente fare l’orto, preparare il regalo per la nonna che compie gli anni, scrivere una poesia o allenarsi in casa con il pallone. Lo straordinario sta nelle piccole cose". La mamma segue un gruppo di famiglie che hanno fatto la stessa scelta di vita e, a causa del lockdown, ce ne sono altre che si stanno avvicinando, "ma in questo caso più che altro per il timore che i figli si ammalino ad andare a scuola, non perchè hanno la nostra stessa convinzione pedagogica ed educativa".