MARCO GALVANI
Cronaca

Rosaria, l’angelo dei pazienti ricoverati e dei loro familiari

Il riconoscimento della Fondazione Onda a 205 operatrici celebra il contributo delle donne durante l’emergenza

Rosaria Rizzo

di Marco Galvani

Nel pieno dell’emergenza Covid "mi svegliavo prima che suonasse la sveglia, uscivo di casa che ancora doveva albeggiare e rientravo la sera tardi. Ma mi rendevo conto di non avere mai abbastanza tempo da dedicare ai pazienti, 24 ore erano poche per riuscire ad aiutare tutti". Rosaria Rizzo "forse soltanto oggi mi rendo conto di quello che è accaduto realmente". Infermiera di riferimento della direzione sanitaria per il controllo delle infezioni ospedaliere e di medicina del lavoro, Rosaria insieme ad altre 205 operatrici sanitarie di tutta Italia tra cui due colleghe degli Istituti Clinici Zucchi di Monza (Roberta Sangalli, responsabile del servizio di Analisi chimico-cliniche e microbiologiche, e Rita Polizzi, responsabile del servizio farmaceutico) è stata premiata dalla Fondazione Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere) che ha voluto celebrare "il prezioso contributo di quelle donne che si sono particolarmente distinte per l’assistenza e la cura ai pazienti Covid".

Lei non era in reparto, ma aveva il compito di sostenere tutto il personale e anche i famigliari dei pazienti. Il suo numero di telefono era appeso ovunque nei corridoi della Zucchi. Rosaria era, ed è, un punto di riferimento: "Ricevevo tante chiamate anche da persone che erano a casa, che non riuscivano a mettersi in contatto con i centralini intasati di Ats e dei medici di base e che mi chiedevano cosa dovevano fare con determinati sintomi". Un giorno dopo l’altro "mi sembrava di non riuscire a fare abbastanza". Ma ha continuato senza mai mollare. Anche dopo le dimissioni dei pazienti Rosaria li contattava e poi, dopo due settimane di isolamento a casa, li convocava per il tampone per verificare se fossero virologicamente guariti: "Appena arrivavano mi dicevano che finalmente potevano parlare di persona con qualcuno, finalmente potevano vedere da vicino gli occhi di una persona". Ricordi che Rosaria non dimenticherà mai. Come quei mesi in prima linea: "E’ stato come se fossimo stati attaccati alle spalle dal nemico, ma invece del rumore delle bombe sentivamo le richieste di aiuto dei pazienti e il suono delle sirene delle ambulanze".

E quando è stato dimesso l’ultimo paziente Covid "ho pensato che quello sarebbe stato un nuovo inizio, che il virus non ci avrebbe più fregato perché adesso lo conosciamo meglio". Anche se ancora oggi "vedo un po’ troppa superficialità nella gente". E la lontananza da genitori, mariti e figli: "Non potevo abbracciare mio figlio, ma era il migliore gesto d’amore che potessi fare per lui".