Ritocchino fatale Sarà battaglia fra consulenti

Maria Teresa Avallone morì dopo l’anestesia. Chirurgo plastico accusato di omicidio colposo

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di Stefania Totaro

Sarà battaglia tra consulenti per accertare la presunta responsabilità del chirurgo accusato per la morte della 39enne spirata dopo tre giorni di coma per un arresto cardiaco, che l’aveva colpita durante la preparazione con anestesia locale a un trattamento di sollevamento dei glutei. E i genitori e i due fratelli, costituiti parti civili, porteranno al processo dei testimoni per chiarire che la loro congiunta non aveva alcun problema di salute precedente all’intervento. Ieri si è aperto al Tribunale di Monza (con collegamento da remoto causa Covid) il dibattimento che vede imputato di omicidio colposo Maurizio Cananzi, che opera in uno studio di medicina estetica a Seregno. È lì che il 5 marzo 2019 Maria Teresa Avallone, impiegata all’ufficio accettazione dell’ospedale San Raffaele di Milano e residente a Desio, si era recata per un trattamento in day hospital di rialzo dei glutei con fili sottocutanei. Non era la prima volta che si sottoponeva a piccoli ritocchi, anche con anestesia locale. Ma quel giorno, secondo la ricostruzione, pochi minuti dopo la somministrazione della sostanza per addormentarla, la donna è andata in arresto cardiaco. Immediatamente il chirurgo, che in quel momento si trovava da solo con la paziente, ha iniziato il massaggio cardiaco e ha chiesto l’intervento del 118. Poi l’arrivo dell’ambulanza e il trasporto all’ospedale San Gerardo di Monza, dove la 39enne è stata ricoverata nel reparto di Neurorianimazione. Ma è morta l’8 marzo senza mai riprendere conoscenza. Secondo la richiesta di rinvio a giudizio firmata dalla pm Sara Mantovani, il chirurgo sarebbe responsabile per negligenza, imperizia e "inosservanza delle leggi guida" nel settore della medicina estetica, della morte della paziente perché "da solo, senza ausilio di personale medico o paramedico" non sarebbe riuscito a mettere in atto un adeguato intervento di emergenza a fronte di un "attacco convulsivo dopo l’iniezione" di anestetico che ha causato nella 39enne "una crisi tonica" facendola "rovinare al suolo dal lettino" a causa di un’insufficienza respiratoria. L’imputato avrebbe quindi "omesso di controllare le vie aeree" di Maria Teresa, che ha smesso per 30 minuti di respirare andando incontro alla morte cerebrale.

Questo è quanto hanno concluso i consulenti nominati dalla pm monzese. Circostanze che invece sono contestate nella ricostruzione del consulente della difesa dell’imputato, che si protesta non responsabile. Il processo entrerà nel vivo l’8 ottobre quando verranno ascoltati dalla giudice Giulia Nahmias i tre periti dell’accusa e il consulente della difesa, mentre la difesa di parte civile vuole portare a testimoniare alcune persone vicine a Maria Teresa che possano escludere problemi di salute della giovane donna.