STEFANIA TOTARO
Cronaca

Risarcimento per ingiusta detenzione

Diventa definitivo il risarcimento dei danni per ingiusta detenzione di 241mila euro per Salvino La Rocca, 56enne, che ha trascorso...

Diventa definitivo il risarcimento dei danni per ingiusta detenzione di 241mila euro per Salvino La Rocca, 56enne, che ha trascorso...

Diventa definitivo il risarcimento dei danni per ingiusta detenzione di 241mila euro per Salvino La Rocca, 56enne, che ha trascorso...

Diventa definitivo il risarcimento dei danni per ingiusta detenzione di 241mila euro per Salvino La Rocca, 56enne, che ha trascorso più di 5 anni e mezzo in carcere con l’accusa di essere l’intermediario per l’omicidio di Paolo Vivacqua, rotamat siciliano trapiantato in Brianza, ucciso nel 2011 con 7 colpi di pistola in ufficio a Desio. La somma era stata stabilita dalla Corte di Appello di Milano su ricorso del 56enne. La Procura generale si era opposta alla richiesta di risarcimento, mentre è stato respinto il ricorso in Cassazione di La Rocca che di indennizzo aveva chiesto il doppio. I giudici milanesi hanno ritenuto che La Rocca abbia avuto "comportamenti oggettivamente ambigui" nella infinita vicenda giudiziaria che ha avuto inizio il 2 dicembre 2015 con la sentenza della Corte di Assise di Monza che ha condannato a 23 anni di reclusione Diego Barba (imputato come mandante dell’assassinio insieme alla moglie della vittima Germania Biondo, poi assolta definitivamente, mentre Barba attende la pronuncia sul risarcimento da ingiusta detenzione) e La Rocca, ritenuto intermediario tra il mandante e gli esecutori materiali del delitto, Antonino Giarrana e Antonino Radaelli, condannati all’ergastolo e già in carcere per il successivo omicidio della consuocera di Vivacqua, Franca Lojacono, accoltellata alla gola in auto nel box della sua abitazione per farsi dire dove Vivacqua teneva 5 milioni di euro. A 10 anni e mezzo dal fatto la Corte di Cassazione ha detto la parola fine a 6 anni di processi dichiarando inammissibile il ricorso della Procura generale di Milano, che avrebbe voluto far scattare il settimo giudizio sulla vicenda e ha fatto diventare definitiva l’assoluzione per Barba e La Rocca.

S.T.