Sabrina, una corsa per la vita

Il marito è diventato tetraplegico, lei in bici aiuta i bimbi prematuri

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Besana in Brianza (Monza e Brianza), 8 aprile 2019 - Una nuova avventura. Sabrina Schillaci, 50 anni di pura energia positiva, è contagiosa quando parla del nuovo incredibile viaggio: un pellegrinaggio a Santiago de Compostela in bicicletta, ma questa volta (lo aveva già fatto un anno fa) sia di andata sia di ritorno, non più solo i 2.200 chilometri che da Besana in Brianza portano al Santuario spagnolo. Ma oltre 4.000, perché al ritorno ad attenderla non troverà un camper ma di nuovo le sue gambe e la sua bicicletta. E una carovana colorata, mediatica e benefica, che è il senso ultimo di questo incredibile viaggio.

Perché Sabrina Schillaci non corre (solo) per se stessa. Corre per i bambini prematuri e disabili. Corre per restituire alla vita quello che la vita le ha tolto. E le infine restituito in termini di coraggio ed entusiasmo.

Per capirci qualcosa, occorre però tornare a quanto accaduto in una drammatica serata di dodici anni fa. Sabrina e il marito Davide Citterio sono in vacanza sul lago di Garda. È Ferragosto e dopo la più classica delle cene con amici decidono tutti di concludere con un tuffo nel lago. Davide però, che pure conosce a menadito quel pontile, prende una terribile spanciata, un brutto colpo, compressione del midollo alle vertebre cervicali. Quando riemerge dall’acqua si ritrova tetraplegico, costretto a una vita in sedia a rotelle.

Il gorgo nero di quelli anni terribili si trasforma, per entrambi, in un faticoso ritorno alla vita. A un nuovo equilibrio, a un nuovo senso delle cose.

Che dal 2014 si è tramutato in sport e in imprese fisiche eccezionali per Sabrina. Triathlon per uscire dalla depressione, tre Iron Woman (nuoto, bici, corsa), e l’anno scorso la prima edizione di Race Across Limits, la personalissima impresa ideata da Sabrina. Con il fine di sostenere la Fondazione C.O.M.E. Collaboration Onlus, «un gruppo di giovani osteopati che si occupano di trattare gratuitamente neonati prematuri e bambini disabili in Italia, Spagna, e nei Paesi più poveri, dalla Moldavia al Sud Est asiatico al Nord Africa».

Funziona?

"I bambini ne traggono enormi benefici, il trattamento di osteopatia del mio amico Andrea Manzotti nei bambini prematuri ad esempio viene ora utilizzato anche all’ospedale Buzzi e alla Clinica Mangiagalli di Milano".

E Race Across The Limits?

"L’anno scorso ho ottenuto ottimi risultati, mi sono resa conto che riuscivo ad affrontare quei 2.200 chilometri e quando sono arrivata a Santiago ho trovato una sorpresa eccezionale: famiglie e bambini disabili già sottoposti a quel trattamento osteopatico che mi attendevano con un sorriso spettacolare".

E?

"E ho dimenticato in un istante tutta la fatica, mi sono emozionata: e ho capito che avrei ripetuto quell’esperienza".

Ma in modo diverso…

"Mentre rientravo in Italia in camper paradossalmente mi sono resa conto di quanto stessi soffrendo a compiere quel tragitto costretta a rimanere seduta. E ho pensato che sarei tornata in bicicletta così come ero andata".

L’itinerario?

"Stavolta all’andata seguirò il cosiddetto cammino spagnolo, più impervio. Dovrò cercare ancora una volta la strada, già un anno fa qualche volta mi sono persa ma tutto questo fa parte dell’avventura: andare in bicicletta ti consente di entrare nel paesaggio, di sentirne gli odori e vederne davvero i colori. Al ritorno seguirò invece il Cammino francese già sperimentato".

Obiettivo?

"Migliorare la raccolta fondi: un anno fa riuscii a raccogliere oltre ventimila euro, con i quali siamo riusciti a trattare 1.400 bambini".

Quest’anno stessa formula?

"Esatto. Da Besana un anno fa partirono in una cinquantina assieme a me, per quattro tappe. Ma stavolta per promuovere questo viaggio mi sono inventata un’altra impresa...".

Cosa?

"Dal 10 al 18 maggio sempre in bicicletta attraverserò l’Italia diretta a Polignano a Mare, in Puglia. E tappa dopo tappa cercherò di coinvolgere più persone possibili nella mia campagna. Il Cammino verso Santiago partirà invece il 13 luglio, fra andata e ritorno durerà 27 giorni".

Suo marito?

"Davide è sempre il coprotagonista, mi accompagna in camper, mi raggiunge appena possibile".

Ne vale sempre la pena?

"Ho iniziato nel 2014, quando ho preso in mano per la prima volta una bicicletta: ho deciso di mettere l’energia per ricostruire la nostra vita e il nostro rapporto di coppia dopo quello che era successo".

E i bambini, e la Fondazione C.O.M.E.?

"Non siamo riusciti a diventare genitori, era il nostro desiderio più grande, e allora per soddisfare un po’ il senso materno sono diventata madrina. Dare una speranza mi riempie il cuore e fa macinare chilometri".