"Qui ci giochiamo il futuro" Dalla Prefettura alla scuola: esperti in tutte le classi per intercettare il disagio

Palmisani: "Il caso del ragazzino spinto dai coetanei sotto il treno a Seregno è stato uno choc". Psicologi e forze dell’ordine nelle prime per insegnare l’abc di consapevolezza e responsabilità

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di Monica Guzzi

Stazione di Seregno, 25 gennaio: due ragazzini si avvicinano a un coetaneo, gli intimano di togliersi la felpa. Al suo no lo spingono sotto il treno. Si salverà, non perché è in un videogioco dove veste i panni di un eroe che ha tante vite a disposizione, ma perché è stato graziato dalla sorte. O da un miracolo.

"Il fatto di Seregno è stato uno choc per tutti". Patrizia Palmisani, alla testa della Prefettura di Monza e Brianza, scandisce bene le parole di fronte al senso di vuoto e di orrore che ha scatenato questa scampata tragedia. Uno schiaffo per tutti, e la conseguente necessità di correre immediatamente ai ripari. Così il progetto avviato dal tavolo sul disagio che la Prefettura aveva già fatto partire nei mesi scorsi, chiamando a raccolta, oltre ai rappresentanti del mondo degli adulti (dalle forze dell’ordine ai Comuni), anche gli stessi studenti attraverso la loro Consulta, ha subìto una brusca acelerazione. Perché bisogna immediatamente invertire la rotta. Perché, dice la prefetta Palmisani senza giri di parole, "qui ci giochiamo il futuro".

Qual è il punto da cui ripartire?

"Il fatto di Seregno fa riflettere sulla mancata consapevolezza dei gesti che vengono compiuti. È necessario intercettare i ragazzi appena usciti dalle scuole medie attraverso un’attività che porti in classe non solo le forze dell’ordine, ma anche il mondo della sanità, e per questo ringrazio i direttori delle Asst di Monza e della Brianza, Casazza e Trivelli, per la loro disponibilità a condividere l’iniziativa. Perché vorremmo dare a questi ragazzi la consapevolezza delle conseguenze di ciò che fanno".

Come intendete muovervi?

"Intendiamo programmare interventi in presenza in tutte le classi del primo anno delle scuole superiori, agendo su un doppio binario: quello della responsabilità penale e quello psicologico, attraverso un primo colloquio con i ragazzi, per vedere poi come si sviluppa. Partiremo già nelle prossime settimane".

Da un lato c’è un lato il vostro lavoro, dall’altro il mondo della televisione e dei videogiochi che talvolta remano contro...

"Se noi mostriamo in televisione comportamenti ingiustificabili che vengono compresi solo come se fosse uno spettacolo, l’esempio non va nella direzione giusta. Ci sono videogiochi particolarmente cruenti, dove il protagonista, contrariamente a ciò che accade nella realtà, ha tante vite. E il periodo della pandemia, con l’isolamento, il mondo dei videogiochi e gli amici virtuali, ha accelerato il processo".

Una situazione di disagio o di devianza?

"Siamo in una situazione di disagio giovanile, non di devianza. Assistiamo a fenomeni di bulimia, anoressia, gesti di autolesionismo. Bisogna stare attenti a tutti questi segnali".

E le baby gang?

"In Brianza non esiste in maniera radicata il fenomeno delle baby gang. Ci sono azioni illegali compiute da minorenni. Ma non esistono gruppi organizzati per compiere azioni illegali. Non è un fenomeno emergente, ma ci sono situazioni su cui porre l’attenzione".

Eppure la Prefettura sul tema del disagio si è mossa fin dalla scorsa estate.

"Abbiamo avviato un tavolo a luglio. Ci eravamo già resi conto dell’esistenza di spie di disagio e abbiamo promosso un tavolo con le forze dell’ordine, la sanità, i servizi sociali, gli enti locali e il rappresentante della Consulta degli studenti. Abbiamo cercato di capire i termini del problema nella nostra provincia".

E cosa è emerso?

"La scuola ha sollecitato un rapporto ancora più stringente con i genitori. E si pensa a coinvolgere le parrocchie, il mondo dello sport. L’idea è quella di sviluppare tavoli tematici di approfondimento, di poter utilizare spazi pubblici chiusi delle scuole e dei Comuni da mettere a disposizione dei ragazzi in alternativa all’ipotesi di bighellonare in piazza. Vogliamo creare luoghi di incontro per i ragazzi senza la presenza di adulti".

Qualche idea più appetibile della piazza?

"Penso per esempio agli studi di registrazione, per offrire alternative valide alla strada. I ragazzi vanno aiutati a trovare degli interessi, vanno stimolati. Tutto ciò ha trovato un’accelerazione dopo il fatto di Seregno".

Qualche esempio?

"Nei giorni scorsi ho potuto conoscere la realtà di In-Presa. Loro vanno a intrcettare in accordo con la scuola quei ragazzi che cominciano ad avere qualche difficoltà dando loro interessi e una occupazione. È una bellissima realtà".

L’importante è allargare la platea dei giovani coinvolti.

"Certamente, devono essere loro a partecipare, diventando veicolo verso i coetanei. Mi interessa che partecipino loro. Perché qui ci si gioca il futuro di tutti".