DARIO CRIPPA
Cronaca

Quel treno deragliato. Strage con 17 morti. La città si ferma per non dimenticare

A causa della nebbia il macchinista non vide il segnale di rallentare. Due vagoni volarono dal ponte e quattro carrozze uscirono dai binari . Ci furono anche 115 feriti, il futuro papa Montini celebrò i funerali.

Quel treno deragliato. Strage con 17 morti. La città si ferma per non dimenticare

Quel treno deragliato. Strage con 17 morti. La città si ferma per non dimenticare

Per anni, non lo aveva più ricordato nessuno, cancellandolo quasi dalla memoria. Poi, dal 2011, qualcosa si è mosso, sotto il ponte di viale Libertà è stata posizionata una lapide e da allora ogni anno l’Amministrazione comunale di Monza è presente per una breve cerimonia. Accadrà anche sabato, in ritardo di qualche giorno, quando alle 10.30 l’attuale sindaco Paolo Pilotto andrà a deporre una corona al sottopasso ferroviario. Per il più grande disastro ferroviario di Monza, accaduto il 5 gennaio di 64 anni fa.

Quella mattina la Brianza era avvolta da una impenetrabile coltre di nebbia. Era la vigilia dell’Epifania del 1960 e il Diretto 341 arrivava a tutta velocità da Lecco, da dove era partito alle 7.10 caricando stazione dopo stazione operai, studenti, impiegati, commessi viaggiatori. E dattilografe – tantissime –, tanto da meritare a quel convoglio l’appellativo di “treno delle dattilografe”. A Monza, il treno avrebbe dovuto rallentare a 10 chilometri orari e imboccare un binario di deviazione all’altezza di un cavalcavia dove erano in corso dei lavori. Quel giorno però c’era troppa nebbia e alle 8.05 il treno arrivò sul ponte a 93 chilometri orari. E deragliò. "Dopo la stazione di Arcore sentii tre volte il suono della sirena che avvisava di rallentare, ma niente, il treno continuava a filare. Allora urlai ai miei compagni di viaggio di stare attenti, di aggrapparsi a qualcosa". Uno degli ultimi testimoni viventi, anni fa, ricordava ancora al nostro giornale come fossero appena accaduto quei tragici momenti. Impiegato in via Filodrammatici a Milano, prendeva ogni giorno quel treno dalla stanzioncina di Carnate. Ne conosceva le “abitudini”. Comprese subito che sarebbe accaduto qualcosa di grave.

La frenata disperata del macchinista impresse una scossa alle undici vetture del convoglio. Il binario si inclinò e dal ponte caddero due carrozze, mentre i primi quattro vagoni uscirono dai binari e si abbatterono sul fianco. Il vagone di testa si sganciò andando a sfondare le pareti di un lanificio che sorgeva a ridosso della strada ferrata, la BBB in viale Libertà a Monza. “Una mano gigantesca afferrò il treno e lo scagliò lontano” titolò “Il Giorno”. Diciassette morti. Centoquindici feriti. La terribile conta del disastro sconvolse l’Italia. Il botto fu enorme. "Il treno buttò giù un muro, due dei miei compagni non si mossero e trovarono la morte così. Io riuscii invece ad aggrapparmi in tempo e tirai fuori dal vagone un mio amico, riuscimmo a scivolare a terra e a metterci in salvo". Poi, il caos. "Ricordo soprattutto il silenzio, all’inizio… poi le sirene e i soccorritori". Un’esperienza incredibile, destinata a rimanere nella testa per anni. L’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, arrivò sul luogo della tragedia meno di tre quarti d’ora più tardi. Ai funerali in Duomo parteciparono in migliaia. Nel corso del processo un aiuto macchinista svelò che probabilmente il deragliamento era stato provocato dalla violenta frenata in curva che aveva fatto saltare il treno sul binario facendolo uscire dalle rotaie.