Pizzerie “Donn’Angelin” Patteggiano gli ex coniugi

I due titolari facevano la bella vita senza pagare i contributi a Stato e lavoratori e neppure ai fornitori, dalle mozzarelle all’arredamento per 100mila euro

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di Stefania Totaro

Patteggiano gli ex coniugi della fallita catena di pizzerie “Donn’Angelin”, dove non si pagavano i contributi nè allo Stato nè ai lavoratori e neppure i fornitori, dalle mozzarelle all’arredamento per 100mila euro, per fare la bella vita, tra viaggi mondani, un appartamento sfarzoso in affitto a Milano e un brand di abbigliamento femminile indossato da personaggi dello spettacolo come Isabella Ferrari, Elodie e Arisa. Severino Picone e Angela Stanzione nel frattempo sono tornati in libertà dopo avere concordato con il pm della Procura di Monza Rosario Ferracane rispettivamente la pena di 4 anni, 4 mesi e 15 giorni di reclusione e 4 anni e 3 mesi di reclusione, che ieri hanno ricevuto l’ok da parte del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Giovanni Gerosa. La madre della donna e un altro parente accusati di avere fatto da prestanomi come amministratori fittizi delle società hanno invece scelto di venire giudicati con il rito abbreviato, che verrà discusso nella prossima udienza fissata al 7 luglio, mentre un quinto imputato di reati fiscali non ha scelto riti alternativi e ieri il giudice l’ha rinviato a giudizio come chiesto dalla pubblica accusa.

Era il febbraio dell’anno scorso quando la guardia di finanza di Monza ha eseguito 4 ordinanze di custodia cautelare per il baratro finanziario di “Donn’Angelin” e ha sequestrato beni per oltre 1 milione e 200mila euro. In carcere erano finiti Severino Picone e Angela Stanzione, mentre ai domiciliari in Campania erano finiti la madre della donna e l’altro presunto prestanome. Poi le esigenze cautelari non sono state più ritenute sussistenti quindi ad uno ad uno, per ultimi Angela Stanzione dopo avere prima ottenuto gli arresti domiciliari e più recentemente anche Severino Picone, sono stati rimessi in libertà.

Le accuse sono bancarotta fraudolenta, evasione fiscale ed autoriciclaggio. L’operazione denominata dai finanzieri ‘Pret-a-Manger’ è nata da un’indagine sul fallimento della catena di pizzerie con sede a Lissone, Muggiò e Bresso. Le fiamme gialle hanno scoperto un sistema di frode con cui gli arrestati distraevano i profitti delle pizzerie, illecitamente riciclati e reinvestiti nel 2018 e 2019 in due società, una operante nel settore della moda e l’altra nel settore della ristorazione. La moglie di Picone gestiva la ‘Pycoch srl’, una società con sede a Lissone ma che agiva nel quadrilatero della moda a Milano e anche all’estero, titolare del marchio internazionale di moda ‘Albagìa’ (che significa alterigia, boria, pomposa estimazione di sè), sponsorizzato anche attraverso ignari personaggi dello spettacolo.