I maschi diventano femmine: pesci mutanti nel Lambro

A causa degli scarichi chimici nell'acqua, molti esemplari stanno cambiando sesso

Lo studio sulla salute dei pesci nel Lambro

Lo studio sulla salute dei pesci nel Lambro

Brugherio, 30 aprile 2018 - Un tempo a una persona che intendeva cambiare sesso si suggeriva di fare un viaggio a Casablanca. Oggi la si potrebbe invitare a farsi un tuffo nel Lambro. Battute a parte, quanto hanno scoperto i ricercatori dell’Irsa-Cnr di Brugherio, l’Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è incredibile: i pesci che nuotano nel Lambro (e più giù ancora nel Po) stanno cambiando sesso. Proprio così: cavedani, carpe, scardole, barbi, arborelle, triotti stanno diventando femmine. Ai ricercatori guidati da Luigi Viganò, ecotossicologo e ricercatore del Cnr, è bastato condurre una serie di esperimenti. Semplificando, hanno ricreato un ambiente ad hoc, come il fondale in un acquario, ci hanno messo dentro giovani maschi di diverse specie di pesci e dopo un po’ di tempo hanno registrato come in quello specchio d’acqua nuotassero soprattutto femmine.

Lo studio sulla salute dei pesci nel Lambro
Lo studio sulla salute dei pesci nel Lambro

«Dopo anni di studi, abbiamo visto maschi invertiti in femmine, maschi “femminilizzati”. Un censimento non lo abbiamo fatto, ma grazie a uno studio a ritroso abbiamo ricostruito come anche altre specie presenti nel Po denunciassero lo problema: la percentuale di femmine saliva mano a mano che la popolazione invecchiava».

Come è possibile?

«Nelle acque analizzate sono stati rinvenuti livelli molto alti di “interferenti endocrini” - cioè sostanze che alterano le normali funzioni ormonali - che, attraverso la catena alimentare, vengono assimilati dai pesci».

E che effetto hanno questi interferoni endocrini?

«Il “bombardamento” di queste sostanze si ripercuote sull’apparato riproduttivo dei pesci, provocandone l’intersessualità. Le gonadi dei pesci analizzati erano soggette a una mutazione: negli esemplari di sesso maschile, i testicoli si trasformano in ovaie. Sino a giungere a una completa femminilizzazione, ai maschi invertiti in femmine».

Uno scenario mostruoso. Da cosa deriva?

«Da quello che finisce nelle acque del fiume».

Colpa dell’uomo?

«In passato la situazione era anche peggiore, si scaricavano in acqua in modo incontrollato sostanze che oggi hanno un potente effetto negativo endocrino. Le prime leggi che hanno imposto dei limiti dei valori da non superare risalgono solo al 1976».

A un certo punto però sono arrivati gli impianti di depurazione: non è stato sufficiente?

«La situazione è senz’altro migliorata, ma non basta. Nell’impianto finisce una marea di sostanze eterogenee, migliaia di prodotti, da quelli per la cura della persona ai farmaci. Migliaia di sostanze prodotte dall’industria chimica. E anche se gli impianti abbattono questa mole di sostanze, alcune di esse resistono e ne viene fuori una miscela in parte modificata con potenze tossiche diverse. Una miscela che di fatto entra ugualmente nel fiume e crea degli effetti, perché l’abbattimento da parte degli impianti di depurazione è generico e non specifico per determinate sostanze: spesso bastano pochi nanogrammi per alterare profondamente le gonadi dei pesci».

Quali sono le sostanze principalmente responsabili di questo fenomeno?

«Si va dagli ormoni di origine naturale, residuo dei reflui, ai farmaci che imitano questi ormoni come la pillola anticoncezionale ma anche antibiotici piuttosto che cosmetici o pesticidi: purtroppo c’è una grande eterogeneità».

Quali sono gli effetti?

«Si assiste a un impoverimento della popolazione ittica: i pesci si riproducono di meno, malamente, in maniera meno efficace. A questo si aggiunge poi la compromissione delle aree riproduttive: la stessa canalizzazione danneggia l’ambiente nella sua biodiversità».

Cosa fare?

«Smettere di cementificare le rive e ridurre la mole di inquinanti che immettiamo nei fiumi. Fermare a monte le sostanze, non immetterle nel mercato e commercializzarle. E fare impianti più efficaci. Servirebbe analizzare le sostanze mai testate immesse nelle acque, ma si tratta di un lavoro monumentale».