di Stefania Totaro "Arrivavano email alla scuola dove insegnavo o post da profili social in cui venivo descritta come una pedofila che palpeggiava i bambini e dovevo continuamente dare spiegazioni sul fatto che ero vittima di un hacker. Poi anche minacce di morte di cui venivano informati i miei figli e i parenti. Finché io e il mio compagno abbiamo iniziato a sentirci seguiti perché arrivavano descrizioni di persone che avevamo veramente incontrato". Un incubo durato dal marzo del 2018 all’ottobre del 2020 per una coppia di Brugherio, che ora si è costituita parte civile al processo al Tribunale di Monza che vede una monzese di 34 anni che lavora come edicolante in una rivendita di giornali imputata di stalking. Ieri il dibattimento è entrato nel vivo con la testimonianza della donna presunta vittima degli atti persecutori. "I messaggi erano quotidiani - ha spiegato - quando abbiamo presentato la denuncia l’ho incontrata per la prima volta per strada e mi ha accusata di diffamazione. Ero impietrita". Erano stati i carabinieri di Brugherio ad identificare il misterioso persecutore. Due anni prima sono cominciate ad arrivare all’uomo delle strane email, sempre con mittente criptato, dal contenuto diffamatorio e offensivo. L’asticella si è presto innalzata sia nei contenuti, sempre più osceni e denigratori, sia nei destinatari, raggiungendo prima la sua compagna e poi anche i colleghi di lavoro di entrambi. I militari sono risaliti alla 34enne monzese, nei cui confronti il Tribunale di Monza ha emesso la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla coppia, a cui avrebbe riservato pure l’invio di fotomontaggi sessualmente espliciti anche con la presenza di animali. Secondo l’accusa, la donna utilizzava un sofisticato sistema di creazione di account dall’estero che poi si autoeliminavano immediatamente, ma l’imputata nega l’accusa e la sua difesa sostiene che non è possibile dimostrare che ci fosse ...
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