Omicidio di Besana Brianza, spunta il supertestimone

Un colpo di pistola al torace. Killer e mandante dirimpettai

Delitto Giuseppe Piazza

Delitto Giuseppe Piazza

Besana Brianza, 1 maggio 2018 - La Procura chiede il rinvio a giudizio per il killer e sua sorella, ritenuta mandante dell’omicidio del vicino di casa. E la difesa del vendicatore vuole scardinare la credibilità della testimone trovata dall’accusa, anche a costo di affrontare il rischio dell’ergastolo al dibattimento davanti alla Corte di Assise.

Il 22 maggio è fissata l’udienza preliminare davanti al giudice del Tribunale di Monza Federica Centonze che vede accusati di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e dai futili motivi Michele Scarfò, 55enne, che nel giugno scorso ha ucciso con un colpo di pistola al torace Giuseppe Piazza, anche lui 55enne, davanti alla casa di ringhiera di Besana Brianza dove la vittima viveva da anni in un incancrenito clima di liti di vicinato con la sorella Angela Scarfò, 60 anni.

A contestare la pesante accusa il sostituto procuratore monzese Alessandro Pepè. Secondo la pubblica accusa, Michele Scarfò ha materialmente sparato, ma la pistola calibro 7,65 era della sorella Angela (nella cui abitazione sono state trovate le munizioni), che l’avrebbe indotto ad affrontare il vicino di casa quindi deve rispondere di concorso morale nell’omicidio. Michele Scarfò, ancora detenuto in carcere e difeso dall’avvocato Roberta Minotti, sostiene invece che si è trattato di legittima difesa o quantomeno di omicidio preterintenzionale perchè tra i due uomini era nata una discussione e poi una colluttazione in cui Giuseppe Piazza (trovato in possesso di una specie di arma medioevale artiginale, una frusta con attaccati dei tondelli di ferro) era con tutto il peso del suo corpo sopra Scarfò e a lui è partito il colpo di pistola.

La Procura ha invece una testimone, a sua volta vicina di casa dei contendenti, che avrebbe assistito alla scena dal balcone della sua abitazione e che non ha confermato la versione di Scarfò e neanche che Piazza brandisse l’arma a tondelli di ferro, trovata poi addosso alla vittima. La testimone ha anche dichiarato di non avere visto la sorella di Scarfò durante quei concitati momenti. Una testimonianza che non corrisponde a verità, secondo l’avvocato Roberta Minotti. La difesa ha intenzione di fare eseguire ad esperti una consulenza sulla dinamica dei fatti con la ricostruzione della traiettoria del colpo di arma da fuoco e anche di interrogare la testimone, sentita finora soltanto dagli inquirenti senza la possibilità per il legale di interlocuire e chiedere chiarimenti e precisazioni.

Per farlo la difesa potrebbe chiedere il processo con il rito abbreviato (che prevede lo ‘sconto’ di un terzo della pena in caso di condanna) condizionato all’interrogatorio della testimone oppure addirittura di sentirla al dibattimento davanti alla Corte di Assise di Monza, dove però Michele Scarfò rischia la condanna all’ergastolo. Al processo si costituiranno parti civili la compagna di Pino Piazza e il figlio avuto dalla donna in una precedente relazione.