A quattro anni dall’omicidio di Cristian Sebastiano, diventa definitiva la condanna per i baby killer. La Corte di Cassazione ha infatti respinto il ricorso bis presentato dalla difesa dei due ragazzini che all’età di 14 e 15 anni, il 29 novembre del 2020, hanno ucciso con più di 30 coltellate il 42enne Cristian Sebastiano di fronte alla sua abitazione delle case popolari nel quartiere San Rocco di Monza per rapinargli una dose di cocaina. Il quinto procedimento giudiziario dopo quattro processi in cui gli imputati sono stati sottoposti a due perizie psichiatriche contrastanti su una loro presunta infermità dettata dalle condizioni disagiate di crescita personale e dall’abuso di sostanze stupefacenti fin dalla pubertà.
Confermata quindi la condanna a 12 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione. I due ragazzi sono stati nel frattempo scarcerati per scadenza dei termini di custodia cautelare e ora dovranno tornare dietro le sbarre. In primo grado nel processo con il rito abbreviato davanti al Tribunale per i minori di Milano i baby killer reo confessi sono stati condannati a 14 anni e 4 mesi di reclusione per concorso in omicidio volontario e rapina aggravate. Non accolta la richiesta dei difensori degli imputati, gli avvocati Maurizio Bono e Renata D’Amico, di sottoporre i ragazzini a una perizia psichiatrica disposta invece nel processo di appello. Il perito conclude per una "largamente scemata capacità di intendere e di volere", ma per i giudici, invece, non risultano comunque provate "compromissioni psicopatologiche" e confermano la condanna. Nel ricorso davanti alla Corte di Cassazione la sentenza viene annullata e disposto un processo di appello bis motivando che i primi giudici milanesi, "in assenza di un adeguato supporto scientifico", avevano "disatteso le conclusioni della perizia psichiatrica svolta da un esperto nominato dalla stessa Corte minorile". Nel frattempo i due minorenni tornano in libertà, abbandonando però il percorso di recupero che stavano affrontando con ottimi risultati. Almeno per il più piccolo dei due, che è riuscito nell’attesa a entrare in una comunità. Al processo di appello bis il nuovo collegio di giudici di appello dispone una nuova perizia psichiatrica, che esclude per entrambi gli imputati incapacità, anche parziali, di intendere e di volere al momento del fatto. Per quanto riguarda la presunta intossicazione cronica di droga dagli 11 anni, i periti escludono danni cognitivi che possano averne compromesso il funzionamento mentale. Da qui la nuova condanna, lievemente abbassata e ora definitiva, a quasi 13 anni, ritenute le attenuanti generiche e della minore età prevalenti (e non equivalenti come nella prima sentenza) sulle aggravanti dei reati contestate. Niente ‘sconto’ per infermità mentale parziale e niente messa alla prova a svolgere lavori socialmente utili per estinguere i reati commessi come chiesto dalla difesa.