DARIO CRIPPA
Cronaca

I genitori di Nicholas Green tornano a Giussano: "Il trapianto è vita"

Venticinque 25 anni fa la morte del bimbo, 7 anni, ucciso a colpi di pistola mentre era in vacanza con i genitori

Margareth e Reginald Green

Giussano (Monza e Brianza), 6 ottobre 2019 - "Quando è stato il momento di scegliere, è stato molto semplice: nostro figlio era morto, abbiamo capito che non avrebbe più potuto riprendersi e non avrebbe più avuto bisogno del suo corpo, mentre molte persone stavano aspettando disperatamente un trapianto». Reginald Green e sua moglie Margareth sorridono. Novant’anni lui, camicia bianca, e 58 anni lei, fasciata in un morbido abito verde pastello, hanno deciso di venire a Giussano, nel cuore della Brianza, per “celebrare” i 25 anni dalla morte di loro figlio.

E sanno perfettamente che Nicholas, il loro figlio morto a 7 anni sotto i colpi di pistola di due banditi mentre erano in vacanza in Calabria, era destinato a cambiare la storia del mondo. “Effetto Nicholas”, lo chiamano: con la decisione di donare i suoi organi dopo un atto di criminalità "brutale", ricorda il padre, c’è stato un cambiamento dirompente.

"In Italia, le donazioni sono triplicate e si è passati dal terz’ultimo posto in Europa per donazioni al secondo". Moltissimi bambini sono stati chiamati col nome di loro figlio, in giro per l’Italia gli hanno intitolato 120 fra giardini pubblici, parchi e scuole. Gli organi e le cornee di Nicholas andarono a 7 persone: cinque di loro sono ancora vive. "E se non avessimo acconsentito a donare i suoi organi, sarebbero andate incontro a morte certa". Il viaggio della memoria li ha portati a Giussano perché da allora i Green si sono impegnati in una campagna a favore della donazione di organi che li ha portati a stringere un’amicizia di ferro con la sezione Aido di Giussano e il suo presidente Pietro Gallo.

Da Giussano Reginald passa quasi ogni anno, qualche anno fa era venuta anche la figlia Eleanor, che il giorno del ferimento di Nicholas aveva solo 4 anni e gli dormiva a fianco sulla macchina colpita dai banditi. Stavolta è venuta anche mamma Maggie, che in Italia non tornava da 20 anni: "E sono molto contenta di averlo fatto, l’Italia è diventata un po’ come la nostra famiglia". Nessun rancore, "in Italia in quei giorni trovammo persone eccezionali, che fecero di tutto per tentare di farci sentire il loro calore. Non siamo religiosi, ma abbiamo fede nell’umanità".

Allora i Green erano in vacanza, "Nicholas, già appassionato a modo suo di storia e architettura, stava girando per la terza volta l’Italia. Eravamo stati a Verona, Paestum, Roma, volevamo andare in Sicilia". Da allora i Green, che sino a quel momento non si erano mai interessati di trapianti, sono tornati più volte in Italia, "anche se ci rendiamo conto che qualsiasi cosa è senza Nicholas". Impossibile dimenticare "il viaggio di quella notte, il piccolo ospedale (di Petilia Policastro, ndr ) che si stagliava nel buio completamente illuminato, dentro tante persone che facevano di tutto per aiutarci".

Nicholas sarebbe morto due giorni dopo. E adesso? "Continuiamo a batterci; stavamo lavorando perché anche in Italia fosse cambiata la legge che impedisce agli operatori sanitari di mettere in contatto - quando lo vogliono - le famiglie dei trapiantati e quelle dei donatori. Noi abbiamo conosciuto chi ha ricevuto gli organi di Nicholas e ci ha fatto molto bene, negli Stati Uniti è già possibile. In Italia siamo arrivati fino in Parlamento, ma i Governi continuano a cambiare e bisogna ricominciare ogni volta da capo".