MARCO GALVANI
Cronaca

Rottapharm: "Nessun effetto collaterale, il nostro vaccino è sicuro"

L'azienda monzese sta provando dal primo marzo il nuovo “Covid-eVax“. Buona la tollerabilità, per la verifica dell’efficacia bisogna attendere l’estate

Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico di Rottapharm Biotech

Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico di Rottapharm Biotech

"Abbiamo concluso l’inoculazione dei primi due gruppi su quattro, ma è ancora presto per conoscerne l’efficacia. Al momento possiamo affermare che il profilo della tollerabilità è molto buono. Non abbiamo osservato alcun effetto collaterale rilevante nelle persone che hanno ricevuto Covid-eVax". Lucio Rovati, presidente e direttore scientifico della monzese Rottapharm Biotech (che insieme a Takis ha realizzato un vaccino a Dna avviato allo studio clinico dall’1 marzo al San Gerardo), fa il punto della sperimentazione.

"Le informazioni sull’efficacia del vaccino sono attese per la fine di agosto, quando avrà inizio la fase II, già approvata dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), per la quale sono previsti circa 100 soggetti per ogni combinazione di dosi e richiami che si dimostrerà promettente durante questo primo periodo, fino a un massimo di 240 volontari".

I risultati di questa seconda fase saranno a disposizione a fine anno, tuttavia per proseguire con la fase successiva "saranno necessarie nuove indicazioni da parte di Aifa e dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) – puntualizza Rovati – I vaccini attualmente in distribuzione hanno seguìto il percorso delineato dagli organismi regolatori nazionali e internazionali, per cui la terza fase prevedeva un numero molto ampio di partecipanti, non inferiore a 40mila volontari. Per la terza fase di sperimentazione del vaccino Pfizer-BioNTech, ad esempio, sono stati arruolati 44mila pazienti, metà dei quali ha ricevuto un placebo. Quando noi raggiungeremo la fase III, però, non sarà possibile procedere in questo modo, in parte perché una percentuale significativa della popolazione sarà già stato vaccinata, ma anche perché non sarà etico esporre un numero così elevato di persone al potenziale rischio ingiustificato del placebo, quando esistono altri vaccini efficaci".

Per questo "stiamo valutando l’ipotesi di somministrare le nostre dosi nelle aree del mondo in cui il virus sarà ancora in circolazione o di utilizzare il vaccino come “booster“, cioè come richiamo". In ogni caso, se fino alla fase II lo studio è coperto da fondi privati, per proseguire servirà un aiuto pubblico: "Credo sia impensabile che il vaccino per una pandemia venga sviluppato in autonomia da imprese private, in parte perché si tratta di uno scopo di interesse sovranazionale, ma anche per via delle risorse necessarie, che non sono sostenibili in proprio – chiarisce Rovati – L’idea dietro il nostro progetto è di realizzare una piattaforma tecnologica in grado di produrre vaccini di vario genere. Questa tecnica, una volta comprovata, potrebbe rivelarsi infatti un’ottima strategia di approccio anche contro altre malattie. Abbiamo offerto alle autorità il nostro impegno nel realizzare un polo di produzione che possa sviluppare vaccini a Dna ed eventualmente anche quelli a Rna. Ma servono finanziamenti per concretizzare una realtà così importante e futuristica".