
"Difficilmente di peritonite si muore, ma la paziente ha avuto un esito nefasto a causa di una eccezionale forma di infezione". E’ la tesi portata nell’aula giudiziaria da alcuni colleghi di Claudio F., il chirurgo del San Gerardo imputato di omicidio colposo in un processo al Tribunale di Monza per il decesso di Elisa S., 70enne morta nel 2017 in seguito ad un’ernia inguinale. Ieri alla ripresa del dibattimento davanti al giudice monocratico Stefano Cavallini i difensori di parte civile, che rappresentano il marito e il figlio della vittima, hanno convocato a testimoniare altri medici che si sono occupati del decorso della paziente, sottoposta al primo intervento chirurgico dal solo imputato e non con un collega come previsto dai protocolli della Regione sul doppio operatore.
"La paziente è arrivata alle 2 del 7 maggio in pronto soccorso lamentando dolore all’addome - ha dichiarato il chirurgo L.R. - L’ecografia ha confermato un’ernia inguinale ed è stata sottoposta ad intervento chirurgico. La notte seguente sono stato chiamato dal chirurgo per sottoporre la signora ad un’altra operazione. Abbiamo eseguito una laparotomia, abbiamo trovato una perforazione nella zona che era rimasta incarcerata nell’ernia con fuoriuscita di liquido biliare e abbiamo eseguito una resezione di quel tratto dell’intestino. Il giorno seguente la situazione della paziente era compromessa e abbiamo provato a riportarla in sala operatoria per la resezione dell’intestino, ma quando è tornata in Rianimazione è deceduta".
Risponendo alle domande della pm Cinzia Citterio e del giudice, il medico ha escluso che la perforazione sia stata provocata dal primo intervento chirurgico bensì "è stata un’evoluzione dell’ischemia inguinale che non si poteva prevedere e che non c’è un sistema per capire se ci potrà essere una successiva perforazione", mentre sulla necessità di procedere nella prima operazione con una laparoscopia per visualizzare meglio la zona, il testimone ha risposto che si tratta di una tecnica " che si decide solo durante l’intervento chirurgico se appare qualcosa di sospetto, altrimenti la dovremmo fare a tutti e non è una procedura a rischio zero di altre complicanze anche mortali". Sentita anche l’anestesista della prima operazione.
"Era un intervento chirurgico di routine ed è andato in maniera regolare - ha dichiarato B.M. - Poi non sono stata pià chiamata quando la paziente è stata rimandata in reparto. E’ stata sfortunata perchè non si muore per una perforazione, invece lei è deceduta per gli esiti di uno shock settico". L’anestesista ha confermato che Claudio F. ha proceduto all’intervento in assenza del secondo operatore. "Si diceva che stava per arrivare, ma non è arrivato, però non era un’operazione difficoltosa, il chirurgo è stato aiutato dalla collega specializzanda".
Stefania Totaro