Missione da Vimercate a Leopoli col medico dei bambini per curare le ferite della guerra

Anche il sindaco Francesco Cereda e la sua vice nella spedizione in Ucraina per portare il robot che permette di operare a distanza Il consigliere Brambilla da un anno fa la spola

L’ospedale di Leopoli, costretto a lavorare da un anno sotto le bombe

L’ospedale di Leopoli, costretto a lavorare da un anno sotto le bombe

Vimercate - Da Vimercate a Leopoli per portare il robot che permette di operare i bambini a distanza. Un sogno che diventa realtà per Roberto Brambilla, il medico-consigliere che da un anno fa la spola fra l’aula e le corsie pediatriche ucraine per “Soleterre“, l’associazione che protegge e cura i piccoli malati dalle bombe sin dall’inizio del conflitto. Con lui , da ieri nel paese martoriato dagli attacchi russi, il sindaco Francesco Cereda e la sua vice Mariasole Mascia. "Una missione informale di tre giorni piena di significato", spiegano. Il primo passo verso quel gemellaggio che i brianzoli sono decisi a formalizzare, "non appena si potrà".

Si rafforza così il ponte fra i due centri che sin dai primi mesi di combattimento, complice l’attività del dottore, ha conquistato i vimercatesi. A stringere il legame con la causa, tre amici quarantenni che in tre battute hanno raccolto 5.700 chili di generi alimentari e consegnato medicine a Brambilla. Viaggi delle speranza cominciati un anno fa. Subito, attorno a Paolo Galli, Luca Trentin e Diego Pezzaldi si è mobilitata l’intera comunità, decine e decine di volontari che hanno raccolto vettovaglie, abiti e farmaci.

Operazioni con numeri record per l’iniziativa nata alla spicciolata con il passaparola "per l’impossibilità di stare a guardare tante persone che hanno perso tutto senza fare niente". Sull’ultimo convoglio, tre pulmini stracolmi, anche 200 chili di tortellini Pagani, l’azienda di casa è fra i benefattori più attivi. "La gioia di fare qualcosa di utile per chi soffre è così grande che non sentiamo neanche la fatica", racconta Galli.

Ogni volta diciassette ore al volante, il cuore in gola per la voglia di arrivare e di tendere la mano a chi vive l’inferno. Dentro, scatoloni pieni di cibo e vestiario. "Questi viaggi non portano solo sostegno materiale, ma anche la speranza che si possa uscire da questa tragedia – dicono i tre amici – la consapevolezza che il conflitto non potrà distruggere tutto e noi abbiamo il compito di non abbandonare chi vuole sopravvivere. Negli occhi degli sfollati c’è un dolore infinito e una gratitudine che nessuna parola riesce a esprimere".

Sentimenti che Brambilla conosce bene: il vulnologo, specializzato nella cura di ferite, di recente ha raccontato in Consiglio dodici mesi di orrore. E adesso torna nella terra che lui ha adottato e che l’ha adottato. Vimercate organizzò anche un centro di accoglienza profughi al San Gerolamo, prima che ci tornassero gli anziani. È passato tanto tempo da allora, ma la macchina degli aiuti non si ferma. Anzi, raddoppia. "Ci stiamo organizzando per i superstiti del terremoto in Siria e in Turchia". La formula è sempre la stessa: olio di gomito e un cuore grande così.