
I Simba
Monza, 14 maggio 2017 - Anno 1963, 30 novembre. È l’una di notte. Un aereo militare italiano, un DC4, atterra all’aeroporto di Ciampino proveniente dal Congo. A bordo ci sono sette religiosi. Sono missionari, dell’Istituto Missionario Sacro Cuore di Monza, e alcuni sono partiti proprio da Monza, come testimonia una bella fotografia scattata all’incirca un anno prima e che li ritrae sorridenti la sera prima della partenza per il Congo: Fratel Giovanni Cavaliere, Padre Stefano Buccella, Fratel Camillo Pellegrini, Padre Girolamo Bertuletti e Padre Giuseppe Maistro. Con loro Padre Paolo Ravasio e Padre Fiorino Gheza.
Ora però hanno altro a cui pensare, la terribile esperienza a cui a stento sono appena scampati. I religiosi sono infatti tutti missionari, tutti giovani sacerdoti del Sacro Cuore, e hanno prestato servizio alla missione di Basoko, a circa trecento chilometri da Stanleyville. A raccontare la loro vicenda, riportata dal settimanale cattolico Il Cittadino, è uno di loro, Padre Girolamo Bertuletti. Sono anni difficili, quelli. Il Congo, cuore dell’Africa Nera, da appena tre anni ha raggiunto la sua indipendenza, dopo sessant’anni di dominio belga, a tratti davvero crudele e sanguinario, ma è di fatto precipitato nel caos.
Fazioni spietate, a volte vere e proprie bande armate, si contendono il potere, sullo sfondo di una situazione politica molto complessa, in cui entrano in gioco anche gli appetiti delle superpotenze, dagli Usa all’Urss, dai Paesi ex colonialisti europei alla Cina maoista. Insomma, in quel crogiolo si può trovare di tutto. E i missionari si ritrovano alle prese con un’ondata di violenza che ha come obiettivo proprio loro, assieme a tutti i simboli della cultura occidentale che per decenni ha spadroneggiato in quella terra.
Ex colonizzatori, politici congolesi filo occidentali e persino la Chiesa cattolica così diventano il nemico da abbattere, anche al di là delle effettive responsabilità. In particolare per i Simba. «La nostra avventura è cominciata il 5 agosto – racconta Padre Girolamo Bertuletti una volta rientrato a Monza – quando Stanleyville fu occupata dai ribelli». Immediatamente fra i religiosi delle missioni in Congo comincia a serpeggiare il timore che la situazione stia per precipitare, e altrettanto immediata sorge l’esigenza di mettere al riparo quanto prima le suore e i giovani sacerdoti.
Padre Paolo Ravasio, che in Congo opera da quasi trent’anni, capisce che anche Basoko potrebbe presto cadere in mano ai ribelli. Impossibile per lui non ricordare quanto accaduto appena pochi anni prima, nel 1960, con l’insurrezione di Patrice Lumumba, quando assieme a un altro sacerdote si era ritrovato trascinato in piazza e messo schiena contro schiena con lui, seminudo, sottoposto per ore a scherni e bastonate mentre un altro sacerdote veniva ucciso contro un muro. Così i missionari si premurano di mettere subito al sicuro le suore a nella cittadina di Bumba, mentre loro in aereo riparano a Leopoldville. Nella missione di Basoko restano quindi soltanto due Padri, Giuseppe Maistro e Stefano Buccella. Fino al 15 settembre la situazione è quasi sopportabile: possono dire Messa, anche se sempre tenuti sott’occhio dai ribelli, sotto sorveglianza e a volte sbattuti per qualche ora in prigione in base agli umori del capo di turno.
GIORNI DI FUOCO
Il 15 settembre la situazione però peggiora. Nel cielo di Basoko sfrecciano due aerei di ricognizione. I Simba sono presi dal terrore e si convincono che a chiamare gli aerei con le loro ricetrasmittenti siano stati proprio i due Padri rimasti nelle loro mani. I missionari incolpati ingiustamente vengono imprigionati. In una cella di tre metri per tre si ritrovano ammassati con altri 43 prigionieri, in condizioni di temperatura insopportabili. Il caldo equatoriale è così atroce che uno dei sacerdoti prigionieri impazzisce e cade morto.
I missionari vengono bastonati di continuo, senza acqua né cibo. Padre Maistro ha due collassi. E sarebbe sicuramente morto se la prigionia non fosse terminata per fortuna dopo due giorni. I prigionieri, alla fine, vengono fatti uscire dal carcere sempre a bastonate e imbarcati su un aereo diretto a Stanleyville. A Padre Maistro, poco prima della partenza, viene fracassata una spalla con il calcio di un fucile. Della missione di Basoko, gemellata con la parrocchia di Casatenovo, alla fine non resteranno che le mura annerite. Alla fine sarà una task force formata da soldati americani e parà belgi a liberare tutti a raffiche di mitra, ma nel frattempo tanti missionari sono stati trucidati. «Ora siamo in Italia – sono le parole di Padre Girolamo al suo arrivo a casa -. Ciò che abbiamo provato ci sembra un lontano, brutto sogno. Speriamo che il Congo ritrovi presto la pace».
CHI SONO I SIMBA?
Si tratta di una fazione ribelle che prende il nome dal termine swahili che significa “leone” e arruola ragazzini fra i 10 e i 14 anni fra le proprie fila. Ubriachi e drogati, i Simba seguono un codice di comportamento ferreo: si procurano un piccolo taglio sulla fronte, non si lavano, non frequentano donne, fino a convincersi di essere diventati invulnerabili grazie ai complessi rituali magici cui vengono sottoposti dai loro Sciamani. Armati spesso soltanto di lance e frecce avvelenate, di fronte ai proiettili sparati contro di loro urlano recitando la litania “Maji Mulele”. Dove Mulele è il nome del loro capo, e Maji è l’acqua, convinti come sono che i proiettili si trasformeranno in acqua prima di colpirli. Dietro la promessa dell’incolumità e di ingenti somme di denaro, diventano soldati e aguzzini spietati, ma sono destinati alla fine del conflitto a venire a loro volta massacrati dalle truppe dell’esercito regolare. Che metterà fine alla ribellione dei Simba in un bagno sangue.