"Manca il 10% di tecnici Difficile spiegare che la fabbrica non è quella di Chaplin"

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"Ogni anno gli istituti tecnici sfornano 8-9mila diplomati quando invece all’industria ne servirebbero 80mila. E lo stesso vale per le università, il numero dei laureati è esiguo e le grandi aziende se li prenotano anche con due anni di anticipo. Così alle piccole e medie aziende è compromesso l’accesso a una gran parte delle competenze". Sandro Salmoiraghi (foto), fondatore e presidente dell’omonimo gruppo leader nel mondo nel settore dell’automazione, mette in luce "un problema che l’Italia non ha mai affrontato con serietà".

Presidente qual è la situazione con cui dovete fare i conti?

"Nello stabilimento di Monza abbiamo 60 dipendenti e un’altra ventina a Biassono, ma tra settore progettazione, montaggi e collaudi ce ne servirebbero almeno 6-7. Un 10% di addetti che non riusciamo a trovare".

Eppure gli ultimi dati parlano di una disoccupazione giovanile al 35%.

"E infatti questo è assurdo. Per questo è necessario abbandonare la logica di un sussidio fine a sé stesso e fare tutto il necessario per attrarre i giovani nelle imprese ed evitare che i talenti fuggano all’estero".

Quali le strade da percorrere?

"Una cosa dev’essere chiara: oggi il lavoro non è più sotto casa. Noi, ad esempio, abbiamo un fatturato che per il 90-95% è export, ma molti rinunciano perché sono troppo legati alla comodità. Serve un passo enorme di mentalità, a cominciare dalle famiglie che devono aiutare i propri figli a scegliere la scuola dopo le medie. L’impresa non è più quella dei film di Charlie Chaplin, oggi anche l’operaio ai minimi livelli deve avere basi culturali elevate".

E il mondo della scuola?

"Non deve andare a rimorchio dei tempi, ma precederli. Sul mercato ci sono tanti posti di lavoro che non possono essere coperti per mancanza di materia prima umana, quando un neo diplomato arriva in azienda deve affrontare un percorso di formazione. Ma servirebbe un cambio di passo gigantesco. Se le cose cambiassero domani mattina ci vorrebbero almeno 5 anni per andare a regime, ma nel frattempo nascerebbero nuove esigenze. Anche la scuola deve avere il coraggio di studiare il futuro". M.Gal.