Monza, 16 dicembre 2023 - È morto oggi all’ospedale San Gerardo di Monza lo stilista Lorenzo Riva. Nato a Monza il 3 ottobre 1938, aveva vestito alcune delle più grandi star dello spettacolo e del jet set, da Isabella Rossellini a Penélope Cruz, da Whitney Houston a Ivana Trump. Ci aveva concesso questa intervista il 18 maggio del 2014.
“Après moi le déluge... dopo di me il diluvio”, premette, raffinato e un po' civettuolo come tanti suoi abiti. E poi - avverte più volte come in un mantra - “dai segnati da Dio, tre passi indrio”. Perché Lorenzo Riva – Maestro dell’alta moda - è consapevole di essere stato “segnato”. Innanzitutto perché il genio è cifra del suo stile e della sua carriera, che lo hanno reso uno degli stilisti più celebrati al mondo. E poi, perché è omosessuale. Ed esserlo, per uno come lui che ancora bambino ha deciso di dedicare ogni sua fibra al mondo della moda e degli abiti tagliati su misura per le donne più belle e più chic del pianeta, è stato tutt’altro che facile. “Ho anche preso le botte perché facevo abiti per le donne e i loro mariti spesso non lo sopportavano” scherza terribilmente serio ripercorrendo la sua carriera.
Partiamo allora dalle origini.
“A 11 anni ho disegnato il mio primo abito, un vestito da sposa per mia sorella, e mi sono accorto che dovevo dedicarmi a questo lavoro. A 18 anni ho aperto il mio primo atelier, proprio in via Vittorio Emanuele, nel centro di Monza, dove ero nato e cresciuto. Avevo fatto le scuole in città, le elementari alla De Amicis e le medie in via Lecco. Ma non amavo studiare e le scuole dell’obbligo. Non per niente andai poi in un collegio in Svizzera dove ho imparato la buona educazione, lo stile e la classe. Mi servì molto, anche per quello che avrei fatto dopo. È stato così che ho deciso che dovevo dedicarmi all’alta moda e per farlo sono andato a Roma”.
Non fu facile.
“Il mondo della moda era ostico verso Monza e, soprattutto, non erano abituati al fatto che un uomo facesse il sarto: ricevetti commenti sgradevoli, mi attaccarono, anche pesantemente. Oggi non mi par vero di essere riconosciuto e premiato dappertutto, e di vedere tante donne, anche della Monza bene, che vengono a vestirsi da me”.
Non le perdonarono la scelta di fare lo stilista?
“Gli uomini non capivano, non accettavano che un maschio vedesse le loro donne in sottoveste mentre tagliava per loro un abito. La verità è che io ho sempre fatto vestiti per rendere belle le loro donne: perché la sensibilità e il gusto non hanno sesso”.
All’epoca essere omosessuali era considerato un’onta.
“Ma io mi ritengo fortunato, ho capito la mia natura a 6 anni quando mi sono innamorato di mio cognato: era bellissimo... Per fare moda ci vuole sensibilità, chi mi conosce dice che ho una visuale maschile unita a una sensibilità femminile”.
Nella moda oggi sembra che l’omosessualità sia quasi la regola.
“Nel mondo della moda sono tutti omosessuali, anche quelli sposati con figli (ride, ndr)”.
Molti omosessuali rivendicano la possibilità di sposarsi e adottare figli.
“Io sono gay e i figli li fanno le donne, sostenere il contrario è da malati. Non ho mai amato fare la mamma: non c’è niente di più bello di una donna incinta che partorisce. Anche Elton John, cosa fa? Li allatta lui i figli che ha adottato? Non scherziamo: i ruoli non si devono confondere, i bambini devono avere un padre e una madre. Nella mia vita non mi sono mai travestito, ho sempre cercato l’autenticità. Come dicevo, sono “segnato da Dio” e sto al mio posto”.
È cattolico?
“Sono credente, anche se papa Francesco non mi piace, è troppo buonista mentre la religione deve incutere anche un certo timore... a essere troppo buoni si perde tutto, in fondo anche Gesù si inquietò un po’ quando entrò nel tempio e lo trovò affollato di mercanti”.
Cos’è l’eleganza?
“È una cosa che non si vede, ma che si sente... Come diceva la grande Coco Chanel, ‘una donna non è mai né troppo né troppo poco’. E io sono un autentico creatore di moda, che fa vestiti per rendere le donne più belle, non per fare soldi”.
Cos’è la bellezza?
“Per me la bellezza è sempre un fatto interiore. A volte una donna brutta, se è intelligente e cura il proprio aspetto e soprattutto la propria mente, è più bella di tante altre donne apparentemente più dotate dalla natura”.
Da dove prende le sue idee?
“Non mi ispiro a niente, perché in fondo tutto ciò che vedo mi ha già ispirato: me lo costruisco dentro, quando creo vado quasi in trance medianica. Come qualche giorno fa, quando ho incontrato una donna e l’ho vista già avvolta in un abito: ho una sensibilità medianica ed è anche la mia forma di autodifesa, nessuno mi può attaccare. Posso ricordarle il mio detto?”.
Prego…
“Dai “segnati” da Dio meglio stare sempre a distanza. Non ho paura di nessuno, devo essere carismatico, come personaggio volevo essere e sono stato unico”.
La moda è arte o artigianato?
“L’abbigliamento creativo su misura è soprattutto un lavoro di artigianato, ma la moda nel pieno del suo splendore è tutto. E io amo definirmi la vestale della moda...”.
La moda ha ancora un senso?
“Oggi le donne vestono male e hanno bisogno di me: per questo farò sempre alta moda e lusso”. Anche in mezzo a una terribile crisi economica? “Soprattutto in momenti di crisi. All’alba degli anni ‘40, a chi le diceva che sarebbe presto scoppiata la guerra, Coco Chanel rispondeva: ‘Ricordatevi che le donne senza vestiti non stanno...’. Della moda c’è sempre bisogno”.
Ci sono eredi di Lorenzo Riva?
“Nessuno può continuare la mia vita nel mondo della creatività. Non ho mai amato fare proseliti e non lascerò a nessuno: appunto, ‘après moi le déluge’, dopo di me il diluvio”.
C’è uno dei suoi abiti di cui va più orgoglioso?
“Gli abiti sono i miei figli. E nessuna mamma dice mai bene o male di un figlio piuttosto che dell’altro. Ma se un abito nasce nella pienezza della mia creatività... ecco, allora è perfetto”.
La felicità per Lorenzo Riva?
“Sono felice quando una mia première, una mia creazione, si materializza attraverso mani fatate... e attenti, perché un capo tagliato male uccide una donna”.
L’amore?
“Per me né uomini né donne, il mio amore è tutto per la moda”.
Ha paura di qualcosa?
“Solo di morire, perché ho ancora tanto da dire...”.