ALESSANDRO SALEMI
Cronaca

L’omaggio alle vittime delle foibe. Guerrino, esule in fuga dall’orrore: "Bombe e persecuzioni, un inferno"

A Monza la commemorazione dell’eccidio. La testimonianza: sono stati anni difficili e di grande sofferenza

A Monza la commemorazione dell’eccidio. La testimonianza: sono stati anni difficili e di grande sofferenza

A Monza la commemorazione dell’eccidio. La testimonianza: sono stati anni difficili e di grande sofferenza

"Avevo tre anni quando sono sopravvissuto al primo bombardamento di Zara nel ’43, poi io e la mia famiglia abbiamo dovuto dire addio alla nostra città, scappando prima a Firenze, poi a Brescia e infine trasferendoci a Monza. Sono stati anni difficili e di grande sofferenza, di cui è davvero importante oggi per noi conservare la memoria". A parlare è Guerrino Cerlienco, uno dei quasi 300mila esuli dalmati, istriani e fiumani, che nel Secondo dopoguerra furono costretti a lasciare la propria terra per le persecuzioni del regime comunista di Tito. Fu quella una stagione di terrore per gli italiani dell’estremo Nord-Est: una parte di loro fu vittima dell’orrore delle foibe (gli spettrali inghiottitoi carsici, chiamati in Venezia Giulia "foibe", dove furono gettati i corpi di alcune vittime), di cui ieri è ricorso il Giorno del Ricordo (simbolicamente stabilito nello stesso giorno in cui, nel 1947, fu firmato il trattato di Parigi che assegnò alla Jugoslavia l’Istria, il Quarnaro, Zara con la sua provincia e la maggior parte della Venezia Giulia).

Anche a Monza, città che ebbe uno dei campi profughi più grandi d’Italia (nelle scuderie della Villa Reale), è andata in scena la commemorazione dell’eccidio, con le massime autorità civili, comunali e provinciali, presenti di fronte al monumento di via Martiri delle Foibe. "Il mio stesso nome, Guerrino, è dettato dal fatto che i bambini dalmati nati in quegli anni di guerra venivano spesso chiamati così – ricorda l’esule zaratino –. Conservo ricordi terribili di quegli anni. A Zara non c’erano le foibe, come in Istria, ma c’era il mare. E i partigiani di Tito andavano nelle case, prendevano le persone, le portavano in barca e con una pietra al collo le buttavano in acqua. Alcuni sono stati uccisi a picconate". "Zara poi – continua –, essendo una città simbolo d’Italia fu presa di mira e ricevette ben 54 bombardamenti". La sua famiglia, fortunatamente, riuscì a fuggire dall’orrore. Il padre, grazie a conoscenze personali, riuscì a trovare un appartamentino a Firenze. Poi le bombe degli Alleati costrinsero a spostarsi a Brescia. A Monza, Cerlienco arriverà nei primi anni ’60, in un clima sociale già più pacificato nei confronti degli esuli della Venezia Giulia. "I primi anni del Dopoguerra venivamo visti con diffidenza perché la gente non ci percepiva come italiani – chiarisce –, non conoscevano la nostra storia e i cognomi, per le ascendenze slave, parevano strani".

Oggi il clima è diverso e la memoria di quei fatti non viene dimenticata. A tenerla viva, anche a Monza e Brianza, è il Comitato provinciale dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, che vanta una cinquantina di iscritti, e il cui presidente è Pietro Antonio Cerlienco, figlio di Guerrino.