FABIO LUONGO
Cronaca

LIssone, docufilm dedicato a Franco Fabrizi

Il giovane regista Andrea Meroni celebra il grande attore-caratterista che lavorò con Fellini e Antonioni.

di Fabio Luongo

Un omaggio, targato Lissone, a uno dei grandi caratteristi del cinema italiano. Un tributo, firmato da un giovane regista lissonese, a un attore che ha lavorato con maestri come Fellini, Antonioni, Pietro Germi, Dino Risi e Luigi Zampa. È quello che sta realizzando il 27enne Andrea Meroni, che sta portando avanti un docufilm dedicato a Franco Fabrizi, nome d’arte dell’attore originario di Cortemaggiore, nel piacentino, all’anagrafe Francesco Fabbrizzi, conosciuto dai più per il personaggio del donnaiolo Fausto ne "I Vitelloni" di Federico Fellini, come pure per i ruoli interpretati ne "Il bidone" sempre del regista riminese, ne "Le amiche" di Antonioni e in "Una vita difficile" di Dino Risi, accanto ad Alberto Sordi.

Il documentario, che si avvale della produzione di Riccardo Marchesini della Giostra Film di Bologna, vuole tracciare un ritratto vivido di Fabrizi, a 25 anni dalla scomparsa, attraverso i luoghi della sua vita, aneddoti, ricordi di amici e colleghi. "Ho da sempre un forte interesse per i caratteristi del cinema italiano, soprattutto per quei volti che mi hanno particolarmente colpito nei film che ho visto e che erano in grado di richiamare tutto un immaginario preciso - racconta Meroni -. Fabrizi sullo schermo era il prototipo del belloccio, di cui le ragazze si innamorano fatalmente ma di cui bisognerebbe invece diffidare. Ha cominciato con questo ruolo e lo ha ripetuto molte volte, in tanti film". Il progetto è attualmente in fase di lavorazione. "Abbiamo cominciato a fare delle esplorazioni nella città natale di Fabrizi, che è poi anche il luogo dove è morto, per cercare chi lo conosceva, chi lo ricorda, per avere testimonianze di prima mano - spiega il 27enne lissonese -. Lui aveva un rapporto problematico con Cortemaggiore, dove era ammirato ma anche invidiato. L’altro nucleo del documentario sarà incentrato su Roma, dove Fabrizi ha lavorato: qui andremo a sentire le persone con cui all’epoca ha calcato i set. Ormai non sono più moltissime, ma ce ne sono ancora". Il successo Fabrizi lo trovò soprattutto negli anni ‘50, proprio grazie ai ruoli da dongiovanni cinico ma affascinante.

"Ho scelto Fabrizi come soggetto perché nei suoi personaggi, che pure magari erano negativi, aveva una simpatia involontaria che mi ha sempre colpito - sottolinea il giovane regista -. Lui non era un attore di scuola, ma quello che metteva in campo era una capacità del tutto spontanea di essere dinamico e reattivo, di stare sempre sulla scena reggendo il confronto anche con attori di grande professionalità. E poi è stato un po’ il prototipo di un certo italiano medio".