L’inganno in criptovalute Sparisce con 2,5 milioni

Al via il processo a un sessantenne di Brugherio accusato di truffa aggravata

L’inganno in criptovalute  Sparisce con 2,5 milioni

L’inganno in criptovalute Sparisce con 2,5 milioni

Prometteva proficui investimenti in criptovaluta su piattaforme virtuali che però non risultavano abilitate ad operare in Italia. Dal 2016 al 2019 R.M., 61enne residente a Brugherio, sarebbe riuscito a farsi bonificare oltre 2 milioni e mezzo di euro da una ventina di investitori. Tredici di loro si sono costituiti parti civili per ottenere un risarcimento dei danni al processo iniziato ieri al Tribunale di Monza. Il brugherese è stato infatti rinviato a giudizio per truffa aggravata ed esercizio abusivo della professione finanziaria. A svolgere le indagini la polizia giudiziaria della Procura di Monza dopo le denunce presentate nei confronti del 61enne.

Secondo i capi di imputazione l’imputato, in concorso con altre persone mai identificate, avrebbe indotto in errore le presunte vittime "sulla possibilità di effettuare investimenti o di acquistare prodotti finanziari attraverso operazioni su piattaforme virtuali in realtà non abilitate ad operare in Italia". Inoltre gli investitori sarebbero stati ingannati anche sull’esistenza di una società di diritto estero attraverso cui operare, invece risultata fittizia. "Io ho investito tutto quello che possedevo, 600mila euro", avrebbe detto il 61enne per attivare il tam tam di richieste di adesione, arrivate non solo dalla Brianza, ma anche dalle province di Milano, Bergamo, Varese, dopo che i primi interessi sugli investimenti avevano iniziato a fare gola. Ma poi R.M. sarebbe sparito insieme ai soldi. Anche ieri l’imputato non si è presentato all’apertura del dibattimento davanti al giudice monzese Guglielmo Gussoni e non si è presentato nessuna delle parti civili, che hanno mandato in aula i loro avvocati, ma che dovranno testimoniare alla prossima udienza fissata a settembre. I difensori dell’imputato hanno però presentato un’eccezione preliminare sostenendo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Monza a favore di quello di Milano. Per i legali, infatti, il luogo dove è stato commesso il presunto reato non è nel circondario di competenza della giustizia monzese, neanche facendo riferimento al luogo di residenza del 61enne, perché gli incontri con gli investitori per sponsorizzare il business della criptovaluta su piattaforme virtuali sarebbero avvenuti, in primo luogo, in un ristorante a Milano.

Gli avvocati difensori hanno anche presentato opposizione nei confronti di alcune costituzioni di parte civile ritenute non ammissibili per questioni formali o sostanziali e hanno anche contestato l’imputazione di esercizio abusivo della professione finanziaria sostenendo che l’attività esercitata da R.M. rientrava tra quelle legalmente autorizzate. Considerazione a cui il giudice darà risposta nella prossima udienza, che decreterà anche se il dibattimento verrà celebrato a Monza oppure proseguirà a Milano.

S.T.