L’Homo Modernus di Leonardo Manera

Al teatro Manzoni l’ultimo spettacolo del comico: una riflessione ironica sul mondo di oggi e la sua ansia per la tecnologia

di Marco Galvani

"Se Newton fosse ancora vivo non si chiederebbe qual è la forza che fa cadere la mela dall’albero, ma cosa c’è sotto la botola di ‘Caduta libera’. E certamente se Leopardi al posto dei libri avesse avuto il tablet e una connessione a internet non sarebbe diventato il Leopardi che conosciamo". Ecco, queste sono le nuove curiosità dell’Homo Modernus. Ovvero Leonardo Manera. Domande che animano il monologo con cui il comico cercherà di "capire se la vita verso la quale stiamo andando ci farà stare bene. O comunque meglio". “Homo Modernus” arriverà sul palco del teatro Manzoni di Monza venerdì prossimo (biglietti su www.teatromanzonimonza.it) e "racconterò il cambiamento che spesso succede senza che neanche ce ne accorgiamo". Partendo dalla colazione, i figli, il lavoro, la pausa pranzo, il ritorno al lavoro fino al dopo cena davanti alla tv. In mezzo, le cose insopportabili come "le persone che pensano a scolpirsi gli addominali e poi sbagliano i congiuntivi, i politici che danno sempre la colpa al governo precedente, i cibi vegani travestiti da non vegani e il minestrone che oggi diventa frammenti dell’orto sospesi in lacrime vegetali". Istantanee di un mondo sempre più tecnologico, dove i rapporti si fanno sempre più rarefatti, ma in cui è possibile cogliere spunti di comicità. E sì che è ancora possibile sopravvivere in questa società che "privilegia l’immagine, ma per questo fa crescere l’ansia": "L’importante è riuscire a mantenere vivo il rapporto con gli altri", il consiglio di Manera. Lui che "con la tecnologia faccio il minimo indispensabile", "leggo ancora i libri di carta". Oggi scendi in strada e "ti trovi in piazza Social col monumento allo Youtuber, imbocchi via della scuola vuota e passi per largo Bullismo e quello dei congiuntivi abbandonati. E poi è un attimo che sei in piazza della Paura. Ma quando sei lì, pensi che c’è sempre qualcosa per cui vale la pena vivere: la donna che ti fa battere il cuore, l’amico che riempie la tua solitudine, il figlio che ti fa arrabbiare ma con lui capisci qual è l’unico, vero amore". Con quella domanda ‘esistenziale’ che ultimamente lo assilla: "Riuscirò ad andare in pensione con una pensione dignitosa?". Perché ormai sono quasi quarant’anni che fa spettacolo. E ancora ricorda "il primo, nel 1984 a 17 anni. Era il 31 dicembre e mi sono esibito in un hotel vicino a casa davanti a persone che ridevano perché erano ubriache, ma il proprietario sentiva solo che ridevano e così mi ha richiamato. Ecco – ci scherza su -, spero sempre di avere un pubblico di ubriachi".