
Leda Monfrini con il suo professore, Domenico Porchi, e il prototipo della sedia
Giussano (Monza Brianza) – Leda ha 16 anni, frequenta la seconda del liceo artistico Modigliani di Giussano. Di strada, sui libri da studiare e sulle tavole da disegnare, ne ha ancora da fare, ma un piccolo, grande, sogno lo ha già realizzato: la sua sedia, progettata in classe come compito, è diventata un oggetto vero. Di design. Che ora arreda l’atrio della scuola.
“Vedere realizzata la propria idea è il sogno di qualunque designer”, le parole di Domenico Porchi, il professore che ha assegnato l’esercitazione alle sue seconde. “Tutti i ragazzi hanno presentato belle proposte che si potrebbero realizzare – continua –, ma la seduta di Leda Monfrini aveva qualcosa in più: lineare nella sua forma geometrica, raffinata ed elegante. Un’idea che ha preso forma in un paio d’ore. Ecco perché è stata premiata grazie all’azienda Fratelli Elli”. Tutto è partito dal “Good design“ di Bruno Munari, un piccolo saggio che sottopone le forme della natura al giudizio ironico del designer. “Abbiamo toccato vari argomenti legati alla morfologia, ergonomia, smontabilità e componibilità della sedia – racconta il professore –, soffermandoci, in particolare, sulla superleggera di Michael Thonet, ma guardando anche ai mobili Ikea”.
I primi bozzetti, poi i modelli in carta di riciclo e anche con la stampa in 3D. Fino alla scelta del progetto con una marcia più, la “sedia Leda“. Il docente l’ha mostrato ad alcuni artigiani brianzoli fino alla decisione di Raffaele Elli, uno dei titolari dell’omonima azienda di mobili, di andare in produzione. E realizzare il prototipo in legno riciclato. “Resterà solo un prototipo? Noi non mettiamo alcun limite – l’orgoglio del professore –. Potrebbe essere fatta anche in resina”. Ma quello che più conta, adesso, è “orientare i ragazzi ai vari indirizzi che il liceo mette loro a disposizione – precisa –, insegnando loro la cultura del fare per il desiderio del bello. Qui si impara a progettare, qualunque percorso si scelga. Ma sono gli stessi studenti che ci stupiscono: la loro freschezza, l’immaginazione, il loro saper andare oltre gli schemi è già di per sé design. E dà stimoli anche a noi professori. Nessuno di noi può fare miracoli se non c’è la passione di chi ha scelto la nostra scuola”. È una strada a doppio senso. Perché, come diceva Munari, “creatività non vuol dire improvvisazione senza metodo“.