Le impronte di Simone chiudono il caso

Il ragazzo era stato trovato impiccato, ma i genitori si erano opposti all’archiviazione per suicidio. Ora il giudice chiarisce: il giovane era solo

di Stefania Totaro

Solo "impronte lasciate da piedi scalzi" nel tragitto che ha portato a rinvenire il corpo senza vita di Simone Mattarelli. È il particolare che ha convinto la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio Tiziana Landoni ad archiviare come suicidio la morte del 28enne di Lentate sul Seveso che fu ritrovato impiccato dentro una ditta ad Origgio nel Varesotto dopo essere fuggito ad un posto di controllo dei carabinieri a Desio.

Simone era scalzo perché le sue scarpe da ginnastica sono state ritrovate all’esterno della recinzione dell’azienda e queste impronte, scrive la gup nella motivazione dell’archiviazione, "unitamente all’assenza di tracce di trascinamento di corpi o oggetti" nella zona interessata "suffraga l’assunto secondo cui il ragazzo ha raggiunto da solo, camminando, quel posto "ed è certamente indicativa del mancato transito di altre persone". Sulla vicenda era stato aperto un fascicolo penale contro ignoti per istigazione al suicidio. Secondo la ricostruzione dei fatti, la sera del 3 gennaio 2021 il 28enne, che viveva con la madre e il fratello a Lentate (a suo carico un precedente per guida in stato di ebbrezza con la sospensione della patente) non si ferma, alla guida della Bmw della mamma, all’alt dei carabinieri, che si mettono all’inseguimento chiamando anche altre pattuglie di rinforzo. Durante la corsa in auto a tutta velocità il 28enne telefona al padre, un 58enne che vive a Legnano. "Ho fatto un casino, sto venendo da te, non posso fermarmi perché ho paura che mi uccidano", dice il giovane al genitore che, mentre parla con il figlio, sente risuonare dei colpi di arma da fuoco. Più tardi Simone manda al padre un messaggio whatsapp con la sua posizione e nell’ultima telefonata, il genitore lo sente ansimare come se stesse correndo. Poi più nulla.

Il padre decide di usare la posizione ricevuta per andarlo a cercare e durante il percorso, verso le 3, arrivato a Rescaldina, incrocia una pattuglia di carabinieri e li fa fermare azionando i fari abbaglianti. Ai militari spiega quanto accaduto e viene invitato a recarsi alla caserma di Desio, dove vede arrivare la Bmw guidata da un militare e una gazzella su un carro attrezzi.

Con loro vanno verso la posizione che avevano ricevuto, un bosco nei pressi della ditta di vetri di Origgio dove il ragazzo è stato trovato impiccato con la sua cintura al gancio di un macchinario al terzo piano. Per fare luce sull’accaduto i genitori e il fratello del 28enne si sono rivolti all’avvocata Roberta Minotti e si sono opposti all’archiviazione, contestando la presenza sul corpo di Simone di lesioni non compatibili con un suicidio.

Per la gup invece "le lesioni cutanee riscontrate sul corpo del giovane non possono ricondursi ad eventuali azioni offensive messe in atto da terzi contro di lui nè ad atti difensivi. Piuttosto è ragionevole ritenere che Simone se le sia procurate mentre scavalcava la recinzione dell’area industriale, peraltro sotto l’effetto stupefacente della cocaina". Nelle analisi non è emersa alcuna frattura o "segni riconducibili a traumi o violenze, nè tracce riconducibili a strascico di corpi o oggetti". Ma per i familiari del giovane e la legale il caso non è da considerarsi chiuso. "Faremo tutto il possibile per chiedere nuovamente di proseguire le indagini", sostengono.