"Da una vita segnaliamo le barriere architettoniche ovunque, a cominciare dai mezzi pubblici. Non sempre le pedane per scendere e salire si trovano in corrispondenza dei marciapiedi e tutto diventa una lotteria". Gaetano Santonocito, presidente di Aias Monza, ha il quadro della situazione bene in mente. "Quanto alle ferrovie, i treni a lunga percorrenza sono attrezzati per i disabili, ma se uno vuole fare il pendolare tra Monza e Milano, le stazioni locali hanno l’ascensore, ma spesso non funziona. Ci sono le pedane montascale, ma non gli addetti per farle funzionare e ogni gradino diventa un ostacolo insormontabile". Per non parlare dei marciapiedi in discesa e degli avvallamenti. Si aggiungono i tombini in cui la sedia a rotelle si incastra. "Invito l’amministrazione comunale – fa appello Niky Clemente, da 16 anni in sedia a rotelle – ad assumere giovani geometri o architetti disabili che vivono in carrozzina. Solo loro saprebbero dare le giuste indicazioni per una città davvero inclusiva". E pure le piscine non sono tutte attrezzate. "Come Aias siamo disponibili a consulenze gratuite per le istituzioni – conclude Santonocito – per individuare le carenze strutturali a svantaggio dei disabili". Lo sa bene anche Alessio Gambon, allenatore di nuoto per l’associazione sportiva Silvia Tremolada: "La piscina Pia Grande di Monza è completamente accessibile fino al piano vasca, ma ci sono ancora strutture vecchie difficili da riadattare alle esigenze dei disabili. Mi sposto tra Desio, Muggiò e Monza e ci sono gradini ovunque per accedere a negozi, ristoranti, farmacie. Ingressi stretti e difficilmente modificabili, marciapiedi senza rampe. Le città non sono pensate per le carrozzine".
Gambon cita l’esempio di una signora, moglie di un disabile. "Abitano in un palazzo senza ascensore – racconta –, lui avrebbe bisogno di venire in piscina per fare riabilitazione in acqua, ma per salire e scendere da casa l’intervento di personale attrezzato richiede 45 euro alla volta. Diventa improponibile, quindi si rinuncia". Alla “Pia Grande“ i ragazzi sono tutti insieme negli spogliatoi, ma l’inclusione va a scapito dell’autonomia. I ragazzi chiacchierano lasciando borse, scarpe e oggetti per terra che diventano ostacoli per un non vedente o per chi è in carrozzina. "Sarebbe meglio uno spogliatoio dedicato ai disabili – dice Anna mamma di Leonardo, non vedente – più tranquillo e dove poter mettere la borsa in armadietto più agevolmente. Si sacrificherebbe per un attimo l’aggregazione, salvaguardando però l’autonomia".
Cristina Bertolini