
È accusato di essere stato distratto dal telefonino alla guida dell’auto, finendo per falciare ed uccidere la 64enne caratese Agnese Longoni che stava attraversando la strada per rientrare a casa. Ma a quasi 7 anni dalla tragedia il processo non è ancora entrato nel vivo. Al dibattimento al Tribunale di Monza è imputato di omicidio stradale un 50enne residente a Carugo nel Comasco, accusato di avere causato la morte della donna che la sera del 29 dicembre del 2016 è stata investita da una Opel Corsa in viale Brianza, all’altezza della Baita degli Alpini. A fare ancora slittare il processo l’assenza del perito che ha esaminato il telefono cellulare dell’imputato.
Questa volta ha mandato un certificato medico per il contagio da Covid, ma già altre due volte ha giustificato l’assenza con altri impedimenti. C’è da dire che questo procedimento si è avviato già ad ostacoli: prima ha ottenuto il trasferimento in altra sede il pm che se ne occupava, poi è deceduto il consulente della Procura che si stava occupando della perizia cinematica per ricostruire la dinamica dell’incidente, poi è cambiato il giudice monzese che aveva incardinato il processo. Ci si riproverà il 3 novembre, quando si potrà fare luce sulla tesi della pubblica accusa: l’allora automobilista 50enne ha violato le norme che disciplinano la circolazione stradale con una condotta di guida "gravemente negligente" in quanto "distratto dall’uso del telefono" e "ad una velocità non adeguata" alle condizioni della strada, che "separa due zone densamente abitate, è connotata dalla presenza di notevoli intersezioni anche pedonali e costeggiata da marciapiedi ciclabili". Anche a causa del traffico sostenuto e alla mancanza di visibilità dovuta all’orario serale, non avrebbe visto la donna che attraversava la strada, pur senza utilizzare il passaggio sulle strisce pedonali. La difesa dell’imputato sostiene che il telefonino ha squillato l’ultima volta 10 minuti prima dell’impatto per un messaggio rimasto senza risposta.