CRISTINA BERTOLINI
Cronaca

La rinascita del Parco ferito. Diecimila alberi in arrivo. I pericoli per l’agronomo:: "Trombe d’aria e siccità"

Dante Spinelli è intervenuto al convegno organizzato dal Club per l’Unesco di Monza. Nuove piantumazioni in corso: il carpino bianco sarà sostituito da quello verde, più resistente.

La rinascita del Parco ferito. Diecimila alberi in arrivo. I pericoli per l’agronomo:: "Trombe d’aria e siccità"

La rinascita del Parco ferito. Diecimila alberi in arrivo. I pericoli per l’agronomo:: "Trombe d’aria e siccità"

Il Parco di Monza accusa le ferite delle tempeste tropicali dello scorso luglio (che hanno sferzato gli alberi con venti ad 80-90 chilometi orari), alternate ad anni di siccità. Oggi sono in atto quattro progetti per il ripristino di 74 ettari di bosco e 3 chilometri di viali, dove gli alberi si sono spezzati per il forte vento. Ma a fare più male alle piante del Parco è la siccità invernale, legata al cambiamento climatico.

Del clima che cambia e condiziona la salute dell’oasi verde monzese ha parlato l’agronomo del Parco, Dante Spinelli, al convegno organizzato ieri nella sede monzese di Assolombarda dal Club per l’Unesco di Monza. Dal 2021 il cambiamento climatico si evidenzia anche su piccola scala, come nel Parco di Monza: da novembre 2021 fino a maggio 2023 ha subito 17 mesi di siccità, un fenomeno mai visto prima così prolungato. Le piante del parco sono abituate all’arsura estiva, ma non a quella invernale, tra ottobre e gennaio, che perciò è devastante.

Normalmente la media delle piogge era di 100 millimetri al mese, cioè 1200 millimetri l’anno, che nel 2022 sono scesi a 254, più due inverni secchi. "Trombe d’aria e siccità sono documentate anche nell’800 – ricorda il dottor Spinelli – ciò che è cambiato è la frequenza. Mai visti cinque eventi avversi in quattro giorni come dal 21 al 24 luglio 2023".

Vittime soprattutto della siccità sono i carpini bianchi, soggetti a una vera e propria moria, dovuta a funghi della corteccia e altre malattie che hanno colpito anche frassini, aceri, ippocastani, olmi e faggi.

Dopo le trombe dello scorso luglio è in atto il ripristino del viale di Biassono, con la rimozione delle piante schiantate o pericolanti e la ripiantumazione di 1500 piante forestali e 100 piante cosidette di pronto effetto (già alte circa 2 metri), sul viale. Anche sul viale dei Tigli si stanno rimuovendo i ceppi rimasti, mettendo a dimora 350 piante di pronto effetto. In tutti i boschi del parco si stanno abbattendo le piante morte, rimuovendo quelle pericolanti, piantando entro fine anno 10.650 piante forestali. Anche lungo i viali si stanno via via mettendo a dimora circa 450 piante nuove. È stato presentato anche un progetto in risposta a un bando di Fondazione Cariplo, per finanziare nuovi pozzi irrigui nel Parco di Monza, per un uso ottimale della falda acquifera che vi scorre. Da implementare anche una nuova stazione meteo, in collaborazione con la Protezione civile.

Gli eventi dello scorso luglio avevano danneggiato due alberi monumentali dei giardini, 50 alberi di medie dimensioni e 150 alberi in viale dei tigli. Complessivamente erano stati danneggiati 28mila alberi adulti nei boschi. "Seguiamo l’andamento del clima – racconta l’agronomo –. Finché piove proseguiamo a mettere piante a dimora. Il bello del nostro lavoro è seguire con pazienza le reazioni della natura agli eventi avversi".

Il Parco di Monza è un bene vincolato, quindi la soluzione si gioca su una linea sottile tra la scelta di piante resistenti alle nuove condizioni climatiche e il mantenimento della fisionomia originale. "Per esempio – spiega l’agronomo – il carpino bianco è dall’800 nei giardini reali, ma fra le specie nuove da utilizzare ci sarà il carpino verde, proveniente dalle zone dell’ex Yugoslavia, più resistente allo stress climatico".

Il convegno, come sottolinea la presidente del Club per l’Unesco di Monza Marilena Carrese, era volto ad offrire a tecnici e studenti delle scuole spunti di approfondimento e avvicinare la cittadinanza ai temi dello sviluppo sostenibile, analizzando come tecnologia e natura possano intendersi alleate nella salvaguardia della salute degli ambienti in cui viviamo. Tra i relatori Fabio Inzoli, docente del Dipartimento di energia del Policlinico di Milano (Cattedra Unesco per l’Energia e lo sviluppo sostenibile) e la dottoressa Cristina Maggi, direttrice H2IT - Società Italiana Idrogeno.