La Procura chiede 4 anni e mezzo per Mariani

Seregnopoli bis, l’ex sindaco è l’unico a procedere con rito abbreviato. Sul rinvio a giudizio per il successore Mazza decisione a febbraio

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di Stefania Totaro

Per l’inchiesta Seregnopoli bis sulla presunta corruzione nell’urbanistica la Procura di Monza chiede la condanna a 4 anni e mezzo di reclusione per l’ex sindaco Giacinto Mariani, l’unico ad avere chiesto il processo con il rito abbreviato, oltre al rinvio a giudizio degli altri imputati per cui invano ha cercato di applicare le misure di custodia cautelare. Per Giacinto Mariani il suo avvocato, Massimiliano Redaelli, ha invece chiesto l’assoluzione ieri all’udienza preliminare davanti alla gip del Tribunale di Monza Silvia Pansini, puntando il dito sul fatto che "già il gip monzese, poi i giudici del Riesame e della Cassazione hanno ritenuto che non ci sono elementi per una condanna". Mentre si sono opposti al rinvio a giudizio i difensori degli altri imputati. La giudice deciderà a febbraio.

L’ex primo cittadino seregnese e il suo successore Edoardo Mazza sono nuovamente finiti sotto la lente della Procura a vario titolo per abuso d’ufficio e corruzione. Con loro appaiono anche gli imprenditori Giorgio Vendraminetto, Emilio Giussani e Maurizio Schiatti.

Nel mirino, per quanto riguarda Vendraminetto e Mazza, il centro poliambulatoriale di via Colzani e il Piano Par1 relativo a via Formenti. Per l’allora gip del Tribunale di Monza che nel 2020 ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare, le indagini "hanno evidenziato come effettivamente nel corso degli anni 2011-2015 Mazza, insieme al defunto dirigente dell’ufficio tecnico comunale Calogero Grisafi morto suicida nel 2015, abbiano compiuto un reiterato mercimonio del bene pubblico, asservendosi completamente agli interessi di Vendraminetto".

Gravi indizi di colpevolezza, quindi, ma niente esigenze cautelari perchè "manca il pericolo concreto e attuale di reiterazione dei reati per via dalla sua fuoriuscita dalla vita amministrativa e dall’attività politica dal 2017" e per "la deterrenza derivante dall’attuale pendenza in primo grado del giudizio relativo alle vicende asseritamente corruttive per cui sono state adottate le misure cautelari nel 2017".

Mariani, Mazza, Giussani e Schiatti sono accusati per il Piano Pac1 tra le vie Milano, allo Stadio e Toselli, per cui la gip "non rileva dagli atti la configurabilità della corruzione" anche se si "appalesano plausibili" i profili di "asserita illegittimità" che "dovranno costituire oggetto di un giudizio per il contraddittorio tra le parti".

I pm Salvatore Bellomo (già titolare dell’inchiesta dei carabinieri che nel 2017 ha portato a 27 misure cautelari tra cui gli stessi Mazza e Mariani e l’imprenditore Antonino Lugarà, per cui il processo è ancora in corso al Tribunale di Monza) e Michela Versini avevano chiesto il carcere per Vendraminetto e Giussani e gli arresti domiciliari per Mariani, Mazza e Schiatti. I magistrati della Procura hanno combattuto fino in Cassazione per recuperare le misure cautelari. I giudici romani hanno ritenuto "inammissibile" il ricorso, presentato dopo che il Tribunale del Riesame di Milano ha risposto picche lasciando gli indagati a piede libero ma, sulle accuse relative al Piano Pac1 tra le vie Milano, allo Stadio e Toselli, avrebbe ritenuto che, a non essere chiara nelle carte delle indagini, è soltanto la questione relativa al corrispettivo per configurare la corruzione. Un particolare di non poco conto, invece, per gli imputati. Per Giacinto Mariani è stata intanto chiesta l’assoluzione nel primo processo dove è accusato di abuso d’ufficio.