La lezione terribile del Lambro "Così è nata la protezione civile"

Nel 2002 l’alluvione "Eventi che possono ripetersi ogni 70 anni"

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di Martino Agostoni

A guardare oggi il Lambro, ridotto a un rigagnolo d’acqua sporca che attraversa il centro di Monza, non è facile ricordare com’era esattamente 20 anni fa. E dopo le ultime annate in cui è la siccità ad essere stata protagonista, sembra impossibile che in quella settimana di fine novembre il problema fosse la pioggia, così tanta che il fiume invase la città, entrò in centinaia di case, garage e negozi, fino a far finire sott’acqua Monza dal Parco a San Rocco.

Ma è accaduto e il 24 novembre 2002, dopo giorni di maltempo, verso le 16 il Lambro in piena ha iniziato a esondare nel centro abitato causando la peggiore emergenza della storia recente di Monza. "E ci siamo accorti che eravamo impreparati, che la gestione di un’emergenza non poteva essere delegata a realtà esterne al Comune, senza un coordinamento centrale", racconta Mario Stevanin, responsabile del gruppo comunale di Protezione civile fin dalla sua costituzione nel 2003 proprio in conseguenza dell’alluvione. Dal 1998 Stevanin era un incaricato esterno del Comune per il Piano di protezione civile che prevedeva un coordinamento con le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, le istituzioni cittadine e l’associazione di volontari di Monza Soccorso, quel coordinamento che fu chiamato la notte del 23 novembre 2002 ad affrontare l’emergenza. "Nel 2002 operavamo in un sistema completamente diverso da quello attuale, basti pensare che non avevamo accesso ai dati di monitoraggio del Lambro ma ogni volta dovevamo chiederli alla Regione. La gestione del fiume non era coordinata ed ogni territorio, dal lago di Pusiano a Monza, in caso di piena poteva fare le sue scelte senza render conto agli altri".

Un sistema di prevenzione inadeguato, che ha lasciato la città e il suo coordinamento soli. "Guardando indietro il problema maggiore fu la comunicazione poco chiara verso la popolazione: non c’era coordinazione con la gente e tanti hanno fatto di testa propria, a volte mettendoci in difficoltà. Le persone portavano via i sacchi di sabbia smontando le barriere di protezione per metterli davanti alle loro proprietà. Tanti curiosi andavano ovunque, anche in punti davvero pericolosi". La città ha pagato caro ma è stata una lezione drammatica subito imparata: "Da quel momento si è iniziato a costituire una sistema comunale di protezione civile, è stato fondato il gruppo di volontari e si è iniziato a investire molto per gli interventi di prevenzione strutturale. E soprattutto si è lavorato sulla resilienza, con tanti incontri e campagne di comunicazione rivolte alle persone e amministratori di condominio dei quartieri più a rischio".

In questi 20 anni la situazione è cambiata, non solo perché la Protezione civile di Monza conta stabilmente almeno su un centinaio di volontari sempre a disposizione ma perché "è cresciuta la consapevolezza. E una prova c’è stata a novembre 2014 quando si è verificata una piena del Lambro simile a quella del 2002. Se nel 2002 i danni dell’alluvione furono superiori a 50 milioni di euro tra beni pubblici e privati, nel 2014 furono contenuti a meno di 1,5 milioni complessivi". Ma prevenzione e preparazione non possono fermare la natura: "Quello del 2002 è stato un evento che statisticamente può avvenire ogni 70 anni. Possono accadere emergenze più gravi ma, rispetto a 20 anni fa, Monza si è preparata, ha i suoi piani d’intervento e può coinvolgere le persone. Per esempio, la prossima primavera ci sarà una nuova grande esercitazione di Protezione civile dedicata all’emergenza Lambro e sarà importante che partecipi tutta la città".