La cresta dei chirurghi Intascavano la parcella ma la visita privata era a spese dell’ospedale

Nonostante l’esclusiva al San Gerardo in cambio di 1.200 euro in più al mese gestivano gli appuntamenti dei pazienti senza farli passare dal Cup.

La cresta dei chirurghi  Intascavano la parcella  ma la visita privata  era a spese dell’ospedale

La cresta dei chirurghi Intascavano la parcella ma la visita privata era a spese dell’ospedale

di Stefania Totaro

Il loro contratto con l’ospedale San Gerardo prevedeva una clausola di esclusiva in cambio di un’aggiunta allo stipendio di 1.200 euro al mese per tredici mensilità e invece si facevano pagare direttamente dai pazienti, senza farli passare dal Cup, per sottoporli a visite private, eseguite negli stessi ambulatori della struttura sanitaria pubblica tenuta all’oscuro della loro libera professione. A fermare due cardiochirurghi era stata la pandemia da Covid che aveva chiuso gli ospedali tranne per le urgenze, ma ancor prima un’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal sostituto procuratore monzese Alessandro Pepè. I due dirigenti medici, O.F., 56 anni, residente a Monza e F.C., 49 anni, residente a Seregno, sono stati accusati di peculato (in quanto ritenuti incaricati di pubblico servizio e quindi pubblici ufficiali) e truffa nei confronti dell’Ente ospedaliero e hanno patteggiato davanti alla giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Monza Angela Colella rispettivamente la pena di 20 mesi e di 17 mesi di reclusione, con la sospensione condizionale e l’esenzione dalle pene accessorie (come ad esempio l’interdizione dai pubblici uffici) ottenute dopo il risarcimento dei danni di circa 30mila e 20mila euro.

I fatti contestati ai due cardiochirurghi, che dopo l’apertura di un’inchiesta erano stati sospesi dal servizio e dallo stipendio per tre mesi, risalivano ad un periodo tra la metà del 2018 e la fine del 2019. Per loro la Procura di Monza aveva chiesto gli arresti domiciliari, ma il Tribunale di Monza aveva respinto l’applicazione della misura di custodia cautelare, lasciandoli a piede libero, ritenendo che di fatto con lo scoppio dell’emergenza sanitaria era stata sospesa ogni attività medica ambulatoriale a contatto con i pazienti.

Il medico 56enne era accusato di una trentina di capi di imputazione per visite private non autorizzate in cui ci aveva guadagnato dai 75 ai 100 euro ciascuna, soldi tutti finiti esclusivamente nelle sue tasche. Qualche visita privata in meno imputata invece al cardiochirurgo 49enne, che però si faceva pagare anche fino a 120 euro per ogni controllo eseguito ai pazienti, complici i tempi di attesa record nelle strutture pubbliche per ottenere un appuntamento presentandosi con la classica impegnativa firmata dal medico di famiglia agli sportelli del Centro unico di prenotazione.

Gli ospedali prevedono anche la possibilità di recarsi per una visita privata dai medici, ma l’attività di libero professionista deve essere autorizzata dalla struttura sanitaria e comunque gli appuntamenti devono passare sempre dal Cup perché una parte della parcella è dovuta all’Ente ospedaliero. Invece, come hanno accertato le indagini sui due cardiochirurghi, gli specialisti avevano "omesso di informare il proprio datore di lavoro sullo svolgimento delle visite mediche all’interno della struttura ospedaliera, in violazione del patto di esclusiva, anche al di fuori di limiti di orario e dei giorni autorizzati" e "aggirato la procedura di registrazione e di prenotazione presso il Cup" effettuando le visite "con l’utilizzo di ambulatorio, strumentazione, apparecchiature, energia elettrica, riscaldamento, tutti beni di proprietà dell’ospedale, indebitamente utilizzati dal medico" e ai danni della struttura pubblica, che già invece versava un’indennità di esclusiva.