"Spero di divertirmi, portare a casa il meglio e godermi tutto di questa esperienza fantastica, anche perché potrebbe essere l’ultima per me".
Arianna Talamona è una delle veterane della spedizione paralimpica tricolore, impegnata da mercoledì 28 agosto all’8 settembre. La trentenne lissonese, campionessa del mondo nei 50 delfino e 200 misto, alla sua terza edizione, dopo Rio 2016 e Tokyo 2020, dove ha vinto l’argento nella staffetta. Un appuntamento che ha preparato con la solita grinta e determinazione, in vasca, alternando gli allenamenti con il lavoro in un’agenzia di comunicazione e la missione divulgativa sui social network, dove è una “influencer dell’inclusione“ con i suoi 80mila follower tra Tik Tok, Instagram e Facebook. Una campionessa a tutto tondo, che abbina il ricco palmarès sportivo, con la Nazionale e la Polha Varese, alla laurea in psicologia e il master in sport digital marketing: immancabile, nonostante la paraparesi spastica ereditaria che la costringe alla sedia a rotelle.
Quando hai iniziato a fare nuoto? Cosa ti piace e quali sensazioni ti dà?
"Ho iniziato su spinta dei miei genitori, su input dei medici. Mi è piaciuto da subito, è diverso, sembra un altro mondo stare in acqua. Da piccola facevo un paio di allenamenti a settimana, poi a 15 anni sono arrivate le prime gare. Adoro anche nuotare al mare, in acque libere, dà un gran senso di libertà".
Come ti sei preparata per Parigi?
"Io sono molto competitiva per natura ed è da tre anni che faccio focus su questo appuntamento, con un lavoro intenso: in media dieci allenamenti a settimana, più tre sessioni in palestra, insieme al mio team: gli allenatori Massimiliano Tosin e Micaela Biava, il preparatore atletico Luca Cavaggioni e la psicologa dello sport Micaela Fantoni. Mi sono concentrata sui 100 rana, che sarà la mia gara, ed è molto faticosa potendo spingere solo con le braccia. Sono contenta del lavoro e carica".
Il tuo motto è "il lavoro duro batte il talento quando il talento non lavora duro". Visto che hai talento e ti sei impegnata molto, cosa ti aspetti dalla gara? E più in generale dall’esperienza?
"Sull’obiettivo in gara non mi sbilancio. Tokyo è stata dolceamara, con l’argento nella staffetta ma nei 100 rana non ho ottenuto il podio. Diciamo che voglio migliorare. Per il resto, adoro il contesto olimpico, ricordo bene anche Rio, ero giovane ma sono stata l’unica europea a raggiungere due finali. Ormai la mia vita, dentro e fuori la vasca, si misura a quadrienni: ogni Olimpiade mi ha fatto crescere e portato nuove opportunità".
Cosa ti ha insegnato e può insegnare a tutti lo sport?
"Tantissimo. Che il lavoro, la dedizione, l’impegnarsi porta dei frutti. Insegna a fare le cose perché piacciono e a trovare sempre il bello e il buono in ogni situazione, anche dopo le sconfitte. Lo sport ti allena ad affrontare il percorso della vita".
Sappiamo che utilizzi i social network per raccontarti e parlare di inclusione, vita reale in carrozzina, barriere fisiche e mentali da abbattere: quali messaggi vuoi mandare?
"La disabilità non va nascosta, ma accettata. La società ha un ruolo importante nel comprendere e sostenere tutti, senza distinzioni. Questo per me vuol dire inclusione. Dopo Rio, ho preso fiducia in me stessa e voglia di comunicare, di restituire quanto avevo ricevuto e fare divulgazione sui temi della disabilità. Così ho iniziato a fare post e video, in primis per aiutare le persone con disabilità, ma anche i genitori dei bambini. Racconto le mie esperienze, cerco di dare consigli, tengo dei diari, delle rubriche".
Se non ti fossi innamorata dell’acqua e dello sport, cosa avresti fatto?
"Se non avessi fatto l’atleta probabilmente avrei studiato moda o provato a fare la modella".
Qual è, oggi, il tuo sogno?
"Adesso sono concentrata su Parigi. Poi, insieme a mio marito, costruirci una famiglia, avere dei figli".