BARBARA APICELLA
Cronaca

Giuseppe Spadaro, l’infermiere dei pazienti Sla imprigionato nel suo corpo dalla sclerosi: "So cosa mi aspetta, ma ho scoperto tanto amore"

Nova Milanese, assisteva i pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica all’Auxologico di Milano. Ora, a 52 anni, è bloccato in un letto. Colletta web dei colleghi: "Forza Beppis"

Giuseppe Spadaro, 52 anni, con i tre figli maschi nella casa di Nova Milanese

Giuseppe Spadaro, 52 anni, con i tre figli maschi nella casa di Nova Milanese

Una vita in corsia ad aiutare i malati: infermiere. Eroe in prima linea tra i camici bianchi dei reparti Covid. Ma adesso, a 52 anni, Giuseppe Spadaro è bloccato in un letto, nella sua casa, accudito amorevolmente dalla moglie Livia e dai suoi 4 figli. Per anni ha lavorato all’Istituto Auxologico San Luca di Milano, dove assisteva i pazienti Sla: adesso deve affrontare lui stesso la Sclerosi laterale amiotrofica. Giuseppe "parla" con gli occhi, ma i messaggi di questo infermiere nato a Desio nel 1971 e cresciuto a Nova Milanese, sono carichi di emozioni, coraggio e – in alcuni momenti – della sconfortante certezza che non potrà veder crescere i suoi ragazzi. Dalla sua pagina Facebook racconta la sua nuova quotidianità e al tempo stesso dispensa coraggio ai suoi amici, grazie alla profonda fede che lo accompagna fin da ragazzino.

"La malattia non fa differenza fra ricchi o poveri, intelligenti o ignoranti, famosi o non famosi – ha scritto pochi giorni sui social, postando la foto di suo figlio Simone mentre gli fa la barba –. La differenza la facciamo noi sia per come la viviamo sia per come ce la fanno vivere le persone intorno a noi a partire dalla famiglia e poi amici, sanitari, istituzioni. Se non mi fossi ammalato di Sla non avrei scoperto quanta gente buona che c’è intorno a me. Le persone buone sono tante ma non fanno notizia. Il mio angelo custode sta segnando i loro nomi nel libro della mia vita, li presenterò al Signore quando gli sarò dinnanzi".

Giuseppe conosce bene la malattia e sa che, purtroppo, ad oggi non perdona. Ma ha deciso intensamente di vivere anche questo momento. Una vita iniziata nella sua amata Brianza. "Sono cresciuto a Nova Milanese, ma ricordo i bei momenti della mia adolescenza trascorsi anche a Desio, Monza, Seveso e Cesano Maderno – racconta “parlando“ con gli occhi –. Le passeggiate in bici in solitaria al Parco, le visite al Santuario della Madonna delle Grazie". Giuseppe è sempre stato un uomo di fede, una fede che lo ha aiutato anche quando, ancora bambino, gli fu diagnosticata la sindrome rara di Mc Cune-Albright (si è sottoposto a 23 interventi chirurgici). Poi, a 14 anni, la chiamata di Dio e l’ingresso al seminario di Venegono. Capì presto che quello non era il suo cammino. "Sono uscito e ho studiato per diventare infermiere. Mi sono sposato e ho avuto una famiglia meravigliosa: un matrimonio arricchito da 4 figli stupendi". Tra mille difficoltà ha coronato anche un altro vecchio sogno: laurearsi in Giurisprudenza.

Il percorso della Sla, Giuseppe, lo ha visto nelle vite dei tanti malati che ha seguito da infermiere. Sa come evolve la malattia. "I primi sintomi sono arrivati a marzo 2021: ho iniziato ad avvertire delle fascicolazioni ai muscoli degli arti superiori. Era il segnale. Mi sono sottoposto a diversi accertamenti. Fino alla diagnosi". La Sclerosi laterale amiotrofica che Giuseppe aveva osservato negli altri pazienti durante il suo percorso di infermiere, adesso si era appropriata del suo corpo. "Fin da subito sapevo cosa avrei dovuto affrontare. Sapevo che non c’era una cura e che la prognosi è infausta e rapida: nell’arco di pochi anni porta alla morte". Giuseppe è prigioniero del suo corpo. La Sla è una malattia terribile che via via ti ruba anche le piccole e banali azioni quotidiane. Ti impedisce di parlare, di muoverti, di respirare autonomamente. L’ultima minaccia, proprio alla vigilia di Natale, è stata il Covid: "Mi aveva un po’ ridotto la capacità respiratoria già compromess. Adesso va meglio".

Al fianco di Giuseppe c’è la moglie Livia, che ha abbandonato il lavoro per assisterlo. "La Sla è uno tsunami anche all’interno della famiglia, ruba anche la possibilità di abbracciare i propri cari o semplicemente di pranzare tutti insieme allo stesso tavolo. Poi ci sono i problemi burocratici ed economici. Oltre a confrontarci con la malattia abbiamo dovuto affrontare le visite per ottenere l’invalidità e l’accompagnamento, il procedimento in tribunale per nominare mia moglie amministratrice di sostegno, la richiesta di sospensione del mutuo...". E proprio dal letto della sua casa Giuseppe lancia un appello alle istituzioni: vanno sostenute economicamente le famiglie che affrontano questo dramma. "Servono aiuti soprattutto a livello economico per le persone affette da queste patologie con prognosi infausta. Avere la certezza, in tutta Italia, di cure palliative a domicilio".

I colleghi di Giuseppe hanno avviato una raccolta fondi sulla piattaforma Gofundme per sostenere la famiglia Spadaro: "Se uniamo tante persone, qualcosa si può riuscire a fare. Forza Beppis". Qualche giorno prima di Natale sono arrivati a Nova Milanese, in video, anche gli auguri di Carlo Verdone e Stefania Rocca: "Un saluto affettuoso a un grande fan".