
Russell Crowe ne Il Gladiatore
Besana in Brianza, 7 marzo 2021 - "Al mio segnale, scatenate l’inferno". Germania: i Romani si preparano alla battaglia, muovendosi in un’aria livida prima di affrontare i Marcomanni. I Barbari. Il generale Massimo Decimo Meridio, interpretato dall’attore Russell Crowe, sprona i soldati ai suoi ordini. Vincerà. Guadagnandosi la stima assoluta di Marco Aurelio. Tanto che l’imperatore di Roma, ormai gravato dagli anni e dalla malattia, decide di designarlo come proprio successore al posto del figlio, l’imbelle e pericoloso Commodo. Massimo Decimo Meridio non se la sente e prende tempo. Comincia così Il Gladiatore , uno dei grandi successi cinematografici del Duemila. Quello che però in pochi sanno è che un rifiuto altrettanto clamoroso fu dato da un generale romano realmente esistito e vissuto a lungo in Brianza.
Lucio Verginio Rufo , valente generale romano e senatore. Per raccontare la sua storia, che intrecciò quella di ben 13 imperatori, occorre fermarsi agli anni attorno al 69 dopo Cristo. Roma sta uscendo da uno dei suoi periodi più difficili e sanguinari. L’imperatore, il famigerato Nerone, ha ormai i giorni segnati. Lo stesso Senato ha deciso di liberarsi di lui, responsabile di scelte scellerate culminate (forse) con l’incendio di Roma. Una ribellione sempre più aperta cova contro Nerone e il suo governo, percepito ormai sempre più come dispotico e inaccettabile. Protagonista di questa ribellione è Gaio Giulio Vindice, governatore della Gallia Lugdunense, principe aquitanico e senatore romano. Scelto il successore al trono di Nerone in Servio Sulpicio Galba, nel 68 Vindice è ormai pronto per prendere le armi e detronizzare Nerone.
A prendere le difese dell’imperatore legittimo è però un altro generale: Verginio Rufo, appunto. In quegli anni comanda le legioni romane impegnate sulle rive del Reno in Germania (come Massimo Decimo Meridio!) ed è proprio da lì che deve muovere contro il capo dei rivoltosi. Giunto sotto le mura di Vesontio, l’attuale Besançon, Rufo mette sotto assedio la città e sconfigge Vindice. Il capo dei rivoltosi, sconfitto, si suicida. E a questo punto l’esercito romano comincia ad acclamare ripetutamente Rufo quale nuovo imperatore, cercando di indurlo ad accettare il nuovo gravoso incarico. Ma Verginio non ci sta. Con grande delusione dei suoi soldati, rifiuta e dichiara che non avrebbe accettato quell’onore; e neppure avrebbe accettato che fosse concesso a qualcuno che non fosse scelto dal Senato. La storia procederà con uno dei periodi più convulsi sino a quel momento conosciuti da Roma, quello “dei quattro imperatori”. Nerone si suicida e al suo posto si alternano in un solo anno, in una lotta senza esclusione di colpi, Galba, Otone e Vitellio fino ad arrivare a Vespasiano. La stabilità dell’Impero Romano, dopo grande spargimento di sangue, tornerà con il capostipite della dinastia Flavia. In tutti questi anni, Verginio Rufo (che aveva rifiutato un’altra volta l’acclamazione a imperatore dopo la morte di Otone) resta invece ai margini, non senza doversi difendere dal clima di vendette incrociate che insanguina quel periodo. "Per trent’anni dopo la sua ora di gloria - lo ricorderà Plinio il Giovane, di cui Rufo era stato istitutore - egli visse leggendo di sé nella storia e nella poesia, cosicché fu testimone vivente della sua futura gloria".
Passano gli anni e cambiano gli imperatori. Nel 96 Domiziano viene assassinato e al suo posto il Senato sceglie Nerva. Verginio Rufo è ancora lì, fedele al Senato, tanto da essere chiamato a pronunciare il discorso inaugurale per il nuovo imperatore. Ha ormai 83 anni, e le sue condizioni di salute non sono più quelle di un tempo. Mentre si accinge a parlare, fa cadere un libro e piegatosi per raccoglierlo scivola anche lui fratturandosi l’anca. È l’inizio della fine. Dopo qualche mese di sofferenze, Verginio Rufo morirà. Il console Tacito, non ancora divenuto famoso come storico, pronuncia il discorso funebre. Ma a scrivere il proprio epitaffio era stato lo stesso Rufo: "Qui giace Rufo, che una volta sconfisse Vindice e liberò il potere imperiale non per sé, ma per il suo paese". Nato in una località imprecisata del Comasco, Verginio Rufo, che aveva ricoperto per 3 volte la carica di console e rifiutato 2 volte quella di imperatore, si era ritirato a vivere attorno a Valle Guidino, dove sarebbe sorta un giorno Besana in Brianza. E dove possedeva una fattoria, alcuni terreni fra cui aveva stabilito un luogo di culto e un “saltus”, un pascolo. A fine Ottocento, proprio in questa zona è stata rinvenuta un’epigrafe datata I secolo dopo Cristo che lo ricordava. È conservata in un deposito del Castello Sforzesco a Milano.