Il pusher messo alla prova "Doni 200 euro a SanPa"

La decisione del Tribunale di Monza per un trentenne che ora fa il volontario

Da piccolo pusher che spacciava droga per la strada a volontario per “La collina dei conigli“, un centro di recupero per animali da laboratorio, come messa alla prova per evitare la condanna ed estinguere il reato. Ma il giudice gli impone anche una donazione di 200 euro alla comunità di San Patrignano e un colloquio al Servizio per le dipendenze. La decisione del Tribunale di Monza riguarda un trentenne italiano residente a Lissone che nel 2019 è stato sorpreso con in tasca una trentina di grammi di marijuana e un’ottantina di grammi di hascisc. La droga era troppa per essere ritenuta a uso personale, e così è scattata la denuncia per modica detenzione di sostanza stupefacente a scopo di spaccio. Arrivato al processo, l’imputato ha chiesto di essere ammesso alla messa alla prova.

L’accesso alla messa alla prova, sempre previsto per i minorenni anche in caso di reati gravi come l’omicidio, dal 2016 è permesso, per una sola volta però, anche per gli adulti, ma solo in assenza di precedenti penali e per reati minori. Il giudice, se ritiene il programma proposto dalla difesa fattibile, deve quindi sospendere il processo e, se la messa in prova funziona, cancella il processo ed estingue il reato commesso. Così ha disposto il giudice monzese per il trentenne: per 12 mesi periodicamente verrà valutato dall’Ufficio esecuzioni penali, che deve monitorare se la messa alla prova procede correttamente. In caso contrario, si riaprirà il processo e non ci saranno più strade alternative. La messa alla prova prevede anche un risarcimento alla parte offesa, se è presente. Per il pusher trentenne il giudice ha scelto un bonifico “forzato“ alla nota comunità che si occupa della cura dei tossicodipendenti. In passato, per un altro piccolo spacciatore di origine straniera che vendeva droga in sella a una bici da donna di colore rosa, il giudice ha ritenuto che il mezzo di trasporto usato per commettere il reato e posto sotto sequestro fosse stato rubato e ha obbligato la difesa dell’imputato a donare la bici alla polizia locale.

L’entrata in vigore della messa alla prova, introdotta per ridurre i processi per i reati meno gravi, ha avuto una partenza lenta perché si contavano sulle dita di una mano gli enti disposti a rendersi disponibili e i processi continuavano a subire rinvii in attesa di un programma compatibile. "Dopo l’elaborazione di un dettagliato vademecum, più volte adeguato a miglioramenti suggeriti dalla pratica per definire prassi operative condivise con Procura, Avvocatura, Ufficio per le esecuzioni penali ed enti ed associazioni convenzionati - si legge nell’ultima relazione sull’anno giudiziario al Tribunale di Monza - la messa alla prova risulta in significativo aumento e sta raggiungendo quota 200".

Stefania Totaro