Il primo hub dei vaccini Nel 1807 a Monza iniziò la campagna per battere il vaiolo

Il ministro di Breme organizzò la macchina per inoculare il siero. Case abbattute, cure mediche e scuola vietata a chi non si sottoponeva. Il ritrovato fu quello escogitato dal geniale medico Edward Jenner.

Il primo hub dei vaccini  Nel 1807 a Monza  iniziò la campagna  per battere il vaiolo

Il primo hub dei vaccini Nel 1807 a Monza iniziò la campagna per battere il vaiolo

di Dario Crippa

C’era un hub vaccinale. Nel 1807. E a fare le vaccinazioni c’era un medico a cui sarebbero state dedicati ospedali, scuole, strade: Luigi Sacco.

L’epidemia da eradicare non era quella denominata Covid 19. Ma era quella del Vaiolo, un morbo terribile che stava imperversando nelle città e nelle campagne d’Europa provocando febbri e dolori accompagnati da pustole. La mortalità era molto alta, raggiungeva soglie del 30 per cento. Soltanto a Parigi, nel 1753, di vaiolo erano morte 20mila persone. A Napoli, nel 1768, 60mila in poche settimane. L’Inghilterra faceva i conti ogni anno con 40mila decessi.

Il vaiolo, o virus Variola, si stava diffondendo in maniera preoccupante. Fino a quando Edward Jenner, un medico di campagna britannico, non aveva avuto un’intuizione geniale: aveva prelevato dalla pustola di una donna malata di vaiolo del materiale purulento e lo aveva iniettato in un bambino di 8 anni. Disgustoso? Senza dubbio, ma il pus vaioloso inoculato aveva fatto il miracolo: da quel momento, il piccolo era risultato immunizzato. Ora, non c’era che procedere con lo stesso sistema prelevando il virus direttamente dalle vacche: variolae vaccinae, “vaiolo della vacca”, appunto.

Prima di arrivare a diffondere la nuova pratica ci sarebbe voluto qualche anno, quattrini e parecchio olio di gomito. E un imperatore dal piglio deciso: Napoleone. Basta spulciare tra le carte. È il 14 maggio 1808 quando il podestà di Monza firma un documento: "Inerentemente al disposto dal Governativo Decreto, e dietro recenti Superiori disposizioni, presi gli opportuni concerti con questa Congregazione di Carità si è stabilito, che in ogni Venerdì del corrente e successivo mese dal mezzogiorno alle ore due pomeridiane si passerà all’operazione dell’innesto vaccino nella Sala di questo Civico Spedale".

L’ospedale di Monza è l’hub. "I felici risultati di tal scoperta - continua il podestà - non abbisognano di prove maggiori per convincere ciascuno della utilità che dalla medesima ne deriva, e sarebbe quindi inutile qualunque ulteriore eccitamento". Vincere le ritrosie non sempre è semplice. Altro che zone rosse e multe, ai recalcitranti in caso di contagio vengono abbattute le case, negate le cure mediche e l’ammissionea scuola. Come fa notare sempre il podestà, "a scanso però di quegl’inconvenienti cui talvolta potrebbe dar luogo una irragionevole contraria prevenzione, debbo richiamare, che a norma dei successivi Governativi Decreti, quelle famiglie che trascurassero di presentare alla vaccinazione i proprj Individui che non hanno passato ancora il Vajuolo umano, saranno posposte alle altre nella distribuzione de’ soccorsi e pubbliche beneficenze, ed ammissione nei Collegj, o Convitti di Educazione, oltre quelle ulteriori misure che nel caso particolare vengono Superiormente prescritte". Vengono anche predisposti appositi certificati di vaccinazione, nei quali vengono scrupolosamente annotati anche eventuali effetti collaterali del vaccino: “Certificato di vaccinazione: N. N. dell’età di… nativo di …. Distretto N.° Provincia di…. Fu vaccinato il giorno… E l’innesto ebbe il suo vero effetto e fece un corso regolare. N. N. Vaccinatore".

Il vero faro è Ludovico Giuseppe Arborio Gattinara marchese di Breme, ministro degli Interni del Regno Italico. È lui a mettere in piedi la macchina organizzativa, a scegliere dove e quando effettuare le vaccinazioni. Luigi Sacco, nominato direttore delle vaccinazioni, è il suo braccio armato. Dal settembre del 1800 all’aprile del 1801 esegue più di 300 innesti di virus vaccino a Varese, nella vicina Montonate, a Milano. E in Brianza, a Giussano. A Monza la campagna è sostenuta dallo stesso Eugène di Beauharnais, il vicerè, che il 5 aprile 1809 alla Villa Reale di Monza fa praticare la vaccinazione anche alla propria ultima nata, la principessina Eugénie Hortense, di appena 3 mesi e mezzo. Ma non tutto va sempre a gonfie vele. Se all’inizio l’Imperatore mette a disposizione 15 milioni di lire napoleoniche, che oggi corrisponderebbero a 244 milioni di euro, il 13% del bilancio del Regno d’Italia, col tempo e le spese militari in aumento Napoleone stringe i cordoni.

C’è un altro documento, trovato da Vittorio Rossin (foto), funzionario e collezionista appassionato di storia, che al politico ha dedicato un libro (Il ministro di Breme, disponibile su Kindle e Amazon). Il documento porta la data del 10 ottobre 1809, quando Napoleone nomina un nuovo minostro. La decisione è quasi obbligata. Perché il ministro di Breme si è appena dimesso: dopo aver fatto fare 270.000 vaccinazioni nel Regno d’Italia, maltollera che gli stati tagliati i fondi. Ne dà testimonianza un dialogo avvenuto al Serrone della Villa Reale tra il figlio del ministro, l’abate di Breme, e il ministro delle Finanze, Giuseppe Prina. L’abate spiega: "Sapete che mio padre favorì la diffusione di questo benefico ritrovato sanitario

Le spese non ammontavano i 60.000 franchi l’anno, somma impercettibile in confronto ai benefici che procurava. Nel 1807 l’Imperatore espresse la sua ammirazione per il piano proposto e prodigò elogi al suo ministro. E poi? Poi tagliò i fondi destinati a realizzarlo, dicendo che la salute degli individui non deve costar nulla allo stato",

Prina difende piccato il suo imperatore: "Vince la ragione politica. Le spese di guerra sono più urgenti". Per eradicare il virus definitivamente nel Mondo bisognerà attendere il 1981.