Il no di Giuseppe. Verdi, direttore mancato del Duomo

Vinse il concorso, ma nella “sua“ Busseto una rivolta popolare lo costrinse a non partire.

Il no di Giuseppe. Verdi, direttore mancato del Duomo

Il no di Giuseppe. Verdi, direttore mancato del Duomo

Sarebbe potuto esere nel Duomo di Monza. A dirigere il suo Coro, a suonare il suo organo. Un ragazzo di appena 20 anni destinato a scrivere la storia della musica: Giuseppe Verdi. Della vicenda si trova menzione negli archivi storici del Duomo e nell’epistolario dello stesso compositore. Tutto inizia il 4 giugno del 1834, quando il Duomo di Monza pubblica un bando per trovare un nuovo maestro di cappella e di canto che sia insieme anche organista. L’offerta è molto vantaggiosa e prevede uno stipendio di 2.200 lire milanesi annue, comprensive di spese di abitazione e "probabilmente per legna e lume", oltre a 700 lire milanesi "ed anche più" dai padri barnabiti per l’insegnamento della musica nel loro Collegio. Oltre alla possibilità di ulteriori entrate per la presenza a Monza di altri collegi, così che "il soldo annuo sarebbe facilmente a L. 3000". Il giovane Verdi fa i suoi conti: in pratica, tre volte più di quanto per lo stesso ruolo veniva offerto a Busseto, il “suo“ paese. Verdi si fa ingolosire, tanto più che a Busseto un analogo posto era stato appena affidato senza concorso, su raccomandazione di un vescovo, a un forestiero.

E che il Capitolo della Collegiata del suo paese avesse privilegiato uno “straniero”, fra l’altro a detta dello stesso Verdi di scarse capacità, lo aveva fatto imbufalire. Ecco allora la lettera vergata da Verdi, conservata nell’archivio storico del Museo e Tesoro del Duomo: "Ill. ma e Veneranda Fabbriceria della Basilica Collegiata di S. Giovanni di Monza. Sapendo il sottoscritto che in codesta Basilica di S. Giovanni è vacante il posto di Maestro di Capella, osa ricorrere all’Ill. ma e Veneranda Fabbriceria supplicando la medesima ad ammetterlo a detto impiego...". Dopo qualche formalità (Verdi deve presentare anche documenti che attestino "fede di nascita e religione professata, fedina criminale e politica") il giovane musicista ottiene l’agognato incarico. A Monza, però, non metterà mai piede.

Alla Basilica di San Giovanni lo attendono per mesi, costernati mandano più di una sollecitazione. Non immaginano che, alla notizia che Verdi stava per partire, a Busseto si era scatenata una rivolta popolare, "nacque un sussurro da non immaginarsi". Insulti, minacce (e un’offerta economica), arrivando addirittura – scrive Verdi – "ad obbligarmi a restare in Busseto, qualora io fossi visto partire".

Da.Cr.