Omicidio Deiana, il "giallo del murato" va in Cassazione

Nuovo capitolo giudiziario: Nello Placido è già stato condannato a 22 anni per concorso nel delitto e nella distruzione del cadavere del 36enne di Villa Guardia

Antonio Deiana

Antonio Deiana

Monza - A giugno il processo in Cassazione per Nello Placido, condannato in primo e secondo grado a 22 anni di reclusione per concorso nell’omicidio e nella distruzione di cadavere di Antonio Deiana, 36enne di Villa Guardia, nel Comasco, accoltellato con almeno 15 fendenti il 20 luglio 2012 e trovato murato 6 anni dopo sotto il pavimento di un seminterrato a Cinisello Balsamo. Intanto la ex moglie è stata condannata al Tribunale di Monza alla pena di 2 anni per calunnia e falsa testimonianza. Per il terzo e ultimo ricorso giudiziario l’investigatore privato di 47 anni di Monza, che si trova in carcere dal novembre 2018 e che si protesta innocente, ha nominato un nuovo difensore, l’avvocata Manuela Cacciuttolo.

"È evidente che Nello Placido non ha potuto avere un giusto processo e che la sua condanna si è formata su prove illegittimamente acquisite", sostiene la legale.

Era stato un confidente della polizia a fare ritrovare i resti di Antonio Deiana. Il primo arrestato era stato Luca Sanfilippo, 50 anni, residente nella palazzina nel cui scantinato era stato seppellito Deiana. Aveva subito ammesso di essere coinvolto in quell’omicidio, passando dai 30 anni di condanna in primo grado, ai 18 dell’appello. Solo al processo di secondo grado di Placido, il 50enne ha dovuto rispondere all’interrogatorio e ha fatto il nome del 47enne come presente nello scantinato dove Deiana sarebbe andato a consegnare 4 chili di cocaina.

"Il giudice d’appello ha attribuito a Sanfilippo una patente di credibilità che non emerge assolutamente dagli atti - scrive l’avvocata Cacciuttolo nei motivi del suo ricorso - da cui invece al contrario non vi è prova della presenza di Nello Placido sul luogo del delitto e la sua partecipazione all’eliminazione di Antonio Deiana" perché "secondo il medico legale soltanto una persona ha accoltellato la vittima, mentre Sanfilippo dice che sono stati sia lui che Placido e inoltre sul luogo del delitto non è stato rilevato il dna di Placido, ma solo quello di Sanfilippo e Deiana".

Secondo la legale "tutto il quadro probatorio è stato costruito intorno alle dichiarazioni della allora moglie dell’imputato" che durante le indagini aveva puntato il dito contro il coniuge per poi ritrattare tutto al processo davanti alla Corte di Assise di Monza, ma era stata ritenuta minacciata dall’ex mentre nel corso di tutto il procedimento, prima e dopo le indagini preliminari, non è mai emersa questa circostanza".

Invece la signora in aula "ha dichiarato di essere stata vessata dagli operanti, che la pressavano per ottenere una dichiarazione, anche paventandole rischi di perdere l’affidamento della figlia minore". Al processo in Corte di Assise a Monza il pm Carlo Cinque aveva chiesto di procedere contro la donna per calunnia e falsa testimonianza. Nel ricorso in Cassazione la difesa di Nello Placido ritiene infine che non siano state indagate alcune piste alternative che potrebbero fornire nuovi e più convincenti moventi per l’omicidio di Antonio Deiana. "La vicenda è molto complessa ed articolata, ma il signor Placido confida nella giustizia e spera di riuscire a dimostrare la propria estraneità ai fatti", dichiara Manuela Cacciuttolo.