Il detective della storia Dai telai al lavoro per la regina Elena alla maison Rubelli

L’esperto Italo Mazza ricostruisce l’archeologia industriale di Cavenago

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di Barbara Calderola

Risalire alle radici del commercio e dell’industria scavando nell’archivio comunale alla ricerca di botteghe e fabbriche sopravvissute al tempo, o che non ci sono più.

Obiettivo, rilancio anche di documenti dimenticati, "in realtà memoria del borgo" per la ricerca “Economia cavenaghese del Novecento“ che il sindaco Davide Fumagalli ha affidato allo storico Italo Mazza, allievo di Bruno Munari, che riporterà alla luce vecchi vanti dimenticati, come la Schmid, la fabbrica di damaschi, broccati e lampassi in seta pura con una cliente d’eccezione: Elena di Montenegro, regina d’Italia, che in Brianza ordinava la preziosa stoffa del manto regale. "Dai telai di casa ne uscivano al massimo 10 centimetri al giorno – racconta l’esperto – un lavoro davvero certosino". Come la sua indagine di archeologia industriale, un progetto editoriale inedito che partendo dai documenti porterà l’architetto a casa di protagonisti ed eredi di vecchi marchi e attività. Mazza si trasformerà in uno Sherlock Holmes delle origini, perché "senza quelle non c’è futuro. Riscopriremo beni artistici dimenticati come Villa Clotilde, proprietà del vecchio Salumificio Mauri, ormai dismesso". Al centro dell’indagine, "una lettura architettonica desunta dallo studio paziente di cento anni di pratiche edilizie". Ci saranno poi "le voci dei protagonisti, imprenditori ed esercenti o dei loro pronipoti – ancora Mazza – alcune realtà resistono da più di 100 anni, tutto corredato da una cospicua veste grafica – fotografie, disegni, testi e da tabelle comparative dei vari tipi edilizi, mutabili a seconda degli stili che hanno attraversato il XX secolo".

"Credo che il tema possa interessare non solo le persone del settore – conclude l’architetto – ma chiunque sia legato alla storia del paese, in questo caso un trascorso commerciale di tutto rispetto, che già all’inizio del secolo vantava industrie tessili, alcune prestigiose, oltre alla Schmid, la Paroli, che nell’immediato dopoguerra affittò i propri locali alla celebre maison Rubelli, ancora oggi vanto italiano".