"Il decreto Caivano non ha funzionato. Con i rientri obbligatori più problemi"

Brescia, la testimonianza del dirigente scolastico: non si recuperano e provocano disagi agli altri

"Il decreto Caivano non ha funzionato. Con i rientri obbligatori più problemi"

"Il decreto Caivano non ha funzionato. Con i rientri obbligatori più problemi"

Doveva dare un giro di vite alla dispersione scolastica, ma per ora il decreto Caivano sta creando più problemi a scuole e studenti. Col decreto dello scorso autunno, in sostanza scatta il carcere per chi non manda i figli a scuola, ma questo crea un cortocircuito laddove sono gli studenti a non volerne sapere di studiare. Lo racconta bene Maria Luisa Orlandi, dirigente dell’Ipseoa ‘Caterina de’ Medici’ di Gargnano (professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera), scuola di ‘frontiera’, per geografia e indirizzo (per molte famiglie una scelta obbligata, essendo la scuola più vicina).

"Vero che i ragazzi in ingresso hanno spesso competenze basse e che negli ultimi due anni abbiamo visto un numero non indifferente di giovani con fobie sociali – spiega –. Tuttavia, l’aspetto che stiamo rilevando e che forse è più preoccupante è il circolo vizioso che si è instaurato dopo il decreto Caivano". Per effetto dell’inasprimento delle pene, i ragazzini che i dirigenti scolastici segnalano ai servizi sociali in caso di assenze prolungate sono costretti a tornare in classe. "Ma non solo vengono mal volentieri – spiega Orlandi – ma fanno di tutto per creare problemi, in modo da essere sospesi e quindi restare a casa. Noi abbiamo provato di tutto, a fare percorsi ad hoc professionalizzanti partendo dalle materie che più sono interessanti per loro, ma è inutile, la scuola sta stretta a questi giovani e obbligarli a venire non è una strada per recuperarli ed in più comporta disagi per chi invece vuole studiare".

Non è questione di risorse umane ed economiche, ma proprio di impossibilità di agganciare chi non ha nessuna intenzione di proseguire gli studi. Di fronte a giovani che fanno di tutto per farsi rispedire a casa, i presìdi hanno le mani legate. "Aspettano al fine dell’anno facendo dentro e fuori dalla scuola in modo forzato. A mio avviso, si dovrebbe agire di più sulla possibilità di lavorare dai 14 anni, una formazione-lavoro che andrebbe a vantaggio di tutti. Così rischiano davvero di ‘scomparire’ dalla società". F.P.