"Il costo del denaro frena anche le richieste"

Le banche riducono il credito, le imprese ne chiedono meno. Tassi alti, ciclo economico che rallenta: le conseguenze sull'offerta e la domanda. Le piccole imprese più colpite. Cambiamenti nel medio-lungo periodo.

"Il costo del denaro frena anche le richieste"

"Il costo del denaro frena anche le richieste"

"Le banche hanno ridotto il credito. Le imprese ne chiedono meno, spaventate dai costi". Offerta e domanda viaggiano su strade parallele: Rony Hamaui, professore di economia monetaria all’Università Cattolica del Sacro Cuore, le descrive come discese con pendenze simili.

C’è un fattore comune?

"Per entrambe è meno conveniente: per le banche che hanno spostato la loro attività principale su altri fronti, ma anche per le imprese. Pagare un prestito di denaro il 7% è diventato un costo insostenibile".

È il prezzo degli aumenti dei tassi applicati dalla Banca centrale europea per frenare l’inflazione?

"Sì, il tasso più alto scoraggia. C’è anche un secondo fattore, però, legato al ciclo economico: quest’anno il Pil crescerà dello 0,7-0,8% e non più del 3%. L’economia che cresce meno stimola meno la domanda di finanziamenti e di investimenti". Cosa invece preoccupa le banche?

"Con un ciclo economico che rallenta e tassi di interesse alti le probabilità di non essere ripagate da chi chiede un finanziamento crescono. La difesa è un restringimento dei criteri di valutazione che limitano l’erogazione del credito".

Questa difesa del sistema bancario crea dei pericoli alle imprese?

"Mediamente la situazione finanziaria delle imprese è solida. Soprattutto per quelle realtà che sono riuscite meglio delle altre a scaricare l’aumento dei prezzi sui consumi generando più profitti. Queste imprese soffriranno meno dell’effetto del taglio del credito".

Ci sono settori che sono riusciti a farlo più di altri?

"Più che settori parlerei di imprese che hanno potere di mercato. Queste realtà riescono a scaricare gli aumenti".

Chi entrerà invece più in difficoltà?

"Le attività che producono beni standard, che competono con Paesi come Cina e Vietnam: per loro sarà più difficile convivere col “credit crunch“".

Il taglio dei prestiti ha colpito soprattutto le piccole imprese, con meno di 20 addetti: soffriranno più dei grandi gruppi?

"Sì, a meno che non si tratti di attività di nicchia. Soffriranno proprio perché generalmente sono quelle con meno potere di mercato".

La riduzione dei finanziamenti da parte delle banche può rappresentare una svolta nella dipendenza del sistema produttivo?

"Nell’immediato no. Nel medio-lungo periodo sì. L’esempio sono gli Stati Uniti: i fondi di debito hanno meno vincoli nel prestare denaro. Ma serviranno anni per un cambiamento". L.B.