
I ragazzi e le cattive compagnie: "Fare i conti con bulli e vandali è diventata la nostra routine"
Non più una nicchia, un’eccezione. La devianza minorile, in tutte le sue forme, come parte integrante della società, della routine. È l’aspetto che emerge dall’indagine che sta conducendo Spazio Giovani, la cooperativa sociale con sede a Monza che fa parte della rete attiva nel progetto “Game on – liberi di mettersi in gioco“. Coinvolti 122 cittadini residenti tra le provincie di Monza e Brianza (in gran parte) ma anche Milano e Pavia. Alla prima domanda chiave - “hai mai avuto contatto ravvicinato o assistito a episodi di devianza giovanile eo reati commessi dai giovani?“ - il 45% ha risposto sì. Una percentuale molto significativa: quasi la metà delle persone intervistate è stata testimone di qualche fatto serio, causato da giovani “fuori dalle righe“. "È proprio questo che risalta in maniera più accentuata dall’esito provvisorio della ricerca – sottolinea Silvia Arborini, coordinatrice dell’indagine per conto di Spazio Giovani –, ormai il fenomeno della devianza fa parte della quotidianità delle persone".
Alla domanda su come definire il fenomeno della devianza, le risposte più votate sono state, in ordine, “trasgressione delle norme sociali“, “mancanza di regole e modelli educativi“, “violazione di leggi e reati“. Ma di che genere di devianza gli utenti sono stati testimoni? Nella maggior parte, si tratta di bullismo e violenza privata (17 episodi), seguiti da uso di sostanze (15 episodi) e vandalismo (15). A seguire, microcriminalità, abbandono scolastico e ubriachezza molesta. Ma “secondo te, perché i giovani del tuo territorio potrebbero commettere reati?“: i più hanno risposto “per mancanza di regole“, seguiti da “problemi con la famiglia“ e “crisi dei valori“. A preoccupare di più, del fenomeno, è “la sua crescita“, “l’esempio negativo per gli altri e per i figli“, “atti violenti e criminalità“. Una parte importante dell’indagine punta su cosa possono fare gli adulti per ridurre in qualche modo il fenomeno sul proprio territorio, "le risposte principali chiamano in causa l’educazione e la prevenzione – spiega Arborini –, il volontariato e il dare il buon esempio". Importante - come evidenziato nello studio - anche l’ascolto e il dialogo con i ragazzi, così come la messa a disposizione di spazi di aggregazione e proposte dedicate a loro.