Iginio Rota, Renato Pellegatta, Emilio Cereda, Aldo Motta, Pierino Colombo e Luigi Ronchi accompagnano la vita di tutti i giorni dei vimercatesi. Non sono solo i nomi di vie, ma i loro Martiri, i ventenni fucilati al campo di aviazione di Arcore, il 2 febbraio 1945, e ricordati dalle due città unite nel dolore. I nazifascisti a un passo dalla disfatta non rinunciarono alla sentenza di morte per i ragazzi che avevano imbracciato le armi contro la dittatura. Il 29 dicembre ‘44 i partigiani avevano attaccato il campo volo della fabbrica di moto, Rota morì durante l’assalto, gli altri furono arrestati e giustiziati. I colpi alla schiena con cui furono finiti "sono il simbolo della lotta per la democrazia - ha ricordato il sindaco Francesco Cereda - un momento pieno di significato soprattutto per i giovani che devono sapere".
Parole ripetute al cimitero sulle tombe dei Caduti e con il collega Maurizio Bono di Arcore al cippo in via Baracca dove il plotone d’esecuzione spazzò via in un istante le vite di tutti. Dal carcere Pierino Colombo scriveva alla madre: "Monza, 25 gennaio 1945: ci hanno interrogati tutti. Sono sempre in cella con Cereda. Ora ci devono giudicare. Vi prego di non pensare. Speriamo vada tutto bene". Così la concittadina Elvira Corbetta descrisse l’ondata di commozione che pervase la comunità dopo la fucilazione: "La processione di vimercatesi che portarono fiori al campo volo nei giorni successivi alla strage e pagarono le foto dei morti da distribuire in tutte le case raccontano che anche chi era attendista ruppe gli indugi per schierarsi dalla parte della libertà". Un legame che oggi conta su un’altra immagine: il corteo di giovani organizzato da Anpi.
Barbara Calderola