I film a disegni, una porta sui mondi "Ma non chiamateli cartoni animati"

Il monzese Matteo Quinto, professore al liceo e appassionato di cinema americano, europeo e giapponese: possono diventare documentari, raccontare temi politici e anche liberare sogni, fantasia ed emozioni.

I film a disegni, una porta sui mondi  "Ma non chiamateli cartoni animati"

I film a disegni, una porta sui mondi "Ma non chiamateli cartoni animati"

di Cristina Bertolini

Matteo Quinto, il prof che studia i film di animazione. E guai a chiamarli cartoni animati. La sua è una passione coltivata fin da piccolo. E così, dopo il liceo scientifico Frisi a Monza e la laurea in letteratura e cinema all’università di Pavia, oggi insegna letteratura italiana, latino, storia e geografia al liceo e sta concludendo il dottorato in animazione e studi umanistici transculturali all’università di Bergamo. Ha approfondito le sue competenze sui film di animazione americani, europei ma soprattutto giapponesi. I suoi autori preferiti sono Hayao Miyazaki (Il castello errante di Howl, La città incantata, Il mio vicino Totoro), Isao Takahaka, Mamoru Hosoda, Makoto Shinkai (che spaziano dal fantasy al giallo, horror e hard) e poi l’irlandese Tomm Moore e tutti i film della Pixar, indagando i temi della memoria, della nostalgia, identità e ecocritica. "Come insegnante – sottolinea – non userei mai un brutto film sull’Odissea per sostituire la lettura dell’opera omerica, né un brutto videogame per parlare di Dante. Però, dopo la lettura dei testi originali ci sta anche la visione de “Il Signore degli anelli“ o “Le cronache di Narnia“, in prima liceo, studiando la letteratura di genere". Con uno staff di docenti monzesi, nel 2021 Quinto ha dato vita all’associazione culturale Zefiro, presieduta da Fabio Resnati, professore al Frisi. Del direttivo fanno parte anche i professori Daniela Bini ed Eugenio Di Guglielmo, insegnanti al Classico Zucchi e Graziella Rotta, responsabile della biblioteca civica di Monza.

"Il film di animazione è una porta verso altri mondi – racconta Quinto –. Lavorare sull’animazione permette sia di rappresentare la realtà come un documentario, come accade nel film di animazione “Flee“ che ripercorre la fuga di Amin dall’Afghanistan alla Danimarca o in “Valzer con Bashir“, il film ebraico di taglio politico. C’è poi il genere totalmente fantastico, come “La città incantata“ che porta lo spettatore in un mondo completamente nuovo, probabile o improbabile, nel quale si proiettano i sogni, i desideri e le paure dell’autore. Questo è comune a tutte le arti, ma in particolare il linguaggio dell’animazione permette di spaziare nel mondo della fantasia, di liberare la mente che diventa come un foglio bianco", su cui lo spettatore può scrivere le sue suggestioni.