STEFANIA TOTARO
Cronaca

I baby killer del pusher di San Rocco. Quinto processo in Cassazione

Oggi, quattro anni fa, a Monza due ragazzini ferirono a morte con 30 fendenti Cristian Sebastiano. Ora sono liberi, ma tornano a giudizio dopo condanne, scarcerazioni e una guerra di perizie psichiatriche.

Oggi, quattro anni fa, a Monza due ragazzini ferirono a morte con 30 fendenti Cristian Sebastiano. Ora sono liberi, ma tornano a giudizio dopo condanne, scarcerazioni e una guerra di perizie psichiatriche.

Oggi, quattro anni fa, a Monza due ragazzini ferirono a morte con 30 fendenti Cristian Sebastiano. Ora sono liberi, ma tornano a giudizio dopo condanne, scarcerazioni e una guerra di perizie psichiatriche.

A quattro anni dall’omicidio di Cristian Sebastiano, per i baby killer martedì si aprirà il quinto processo davanti alla Corte di Cassazione. Era esattamente il 29 novembre del 2020 quando il 42enne è stato ucciso con più di 30 coltellate di fronte alla sua abitazione nelle case popolari del quartiere San Rocco di Monza da un 14enne e un 15enne che gli hanno rapinato una dose di cocaina. Le telecamere della zona inquadrano i fuggitivi e scatta subito il fermo dei minorenni, che confessano.

Nel processo con il rito abbreviato al Tribunale per i minorenni, i due imputati di omicidio volontario premeditato e rapina vengono condannati a 14 anni e 4 mesi di reclusione. Non accolta la richiesta dei difensori degli imputati, gli avvocati Maurizio Bono e Renata D’Amico, di sottoporre i ragazzini a una perizia psichiatrica per una presunta infermità mentale dei minorenni, dettata dalle condizioni disagiate di crescita personale e dall’abuso di sostanze stupefacenti fin dalla pubertà. Nel processo di secondo grado, davanti alla Corte di Appello di Milano la difesa degli imputati ottiene una perizia psichiatrica. I giudici nominano un perito, che conclude per una "largamente scemata capacità di intendere e di volere". Secondo i giudici di appello, invece, non risultano comunque provate "compromissioni psicopatologiche" e confermano la condanna. La battaglia legale si trascina fino alla Corte di Cassazione. I giudici annullano la sentenza e rimandano ad un secondo processo di appello motivando che i primi giudici milanesi, "in assenza di un adeguato supporto scientifico", avevano "disatteso le conclusioni della perizia psichiatrica svolta da un esperto nominato dalla stessa Corte minorile".

Nel frattempo scadono i termini di custodia cautelare e i due ragazzini vengono scarcerati. Liberi, ancora oggi: torneranno eventualmente in carcere solo a sentenza definitiva. Abbandonando, però, anche il percorso di recupero che stavano affrontando con ottimi risultati. Almeno per il più piccolo dei due, che in attesa di scoprire quali saranno le sue sorti giudiziarie ha ottenuto di entrare in una comunità. Nel processo di appello bis il nuovo collegio di giudici di appello dispone una nuova perizia psichiatrica, che esclude per entrambi gli imputati incapacità, anche parziali, di intendere e di volere al momento del fatto.

Per quanto riguarda la presunta intossicazione cronica di droga dagli 11 anni, i periti escludono danni cognitivi che possano averne compromesso il funzionamento mentale. Da qui la nuova condanna, lievemente abbassata, a 12 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione, ritenute le attenuanti generiche e della minore età prevalenti (e non equivalenti come nella prima sentenza) sulle aggravanti dei reati contestate. Niente ‘sconto’ per infermità mentale parziale e niente messa alla prova a svolgere lavori socialmente utili per estinguere i reati commessi come chiesto dalla difesa. Ma i legali dei baby killer hanno deciso di presentare un’altra volta un ricorso alla Corte di Cassazione. La prima udienza di discussione è stata fissata per il 3 dicembre.