
Una roulette
Monza, 10 giugno 2016 - "Non sono un giocatore patologico...". Però. "Però per un po’ di tempo ho vissuto quasi fuori dalla realtà... giocavo forte, molto forte, e ho perso un mucchio di soldi". Elegante, una laurea, ottima cultura, una vita agiata. Accetta di presentarsi al nostro cospetto solo dietro l’assicurazione che non sveleremo il suo nome o nulla che possa rendere riconoscibile la sua identità. Mister X, come lo chiameremo, è un analista a suo modo. Ed è proprio questo – assicura lui – ad averlo "fregato... assieme alla noia".
Giocava on-line. La roulette era il suo pane. "Ho iniziato per noia, perché volevo provare un algoritmo che avevo escogitato. Avevo capito secondo me come fare a vincere...". Non andò così. "No... All’inizio ti fanno vincere e poi... La tattica adottata per quei giocatori top come ero io è quella di sedurti. Fanno di tutto per attirarti, coccolarti. Mi mandavano a casa degli omaggi, mi fecero trovare una Mont Blanc, un computer, addirittura i biglietti per una partita di calcio del Manchester City con accesso alla sala Vip e maglietta di Balotelli, che allora giocava lì... ma non è come vogliono farti apparire, non si gioca contro una persona, ma contro una macchina programmata per farti perdere". Quanto giocava? "Puntate forti, 4-6mila euro a botta...". Perché si gioca? "La giocata coinvolge molto e dà dipendenza, non pensi più ad altro. Appena arrivi in un albergo, magari all’estero, cerchi il sistema per poter giocare anche da lì... e ti ritrovi estraneo all’ambiente che frequenti, ai tuoi affetti, colleghi di lavoro, amici". Quando giocava? "Sempre. Un tempo ero imprenditore ma ormai avevo venduto la mia azienda e quindi avevo tutto il tempo che volevo a disposizione". Ha venduto l’azienda per colpa del gioco? "No, anzi... dopo aver venduto non avevo più niente da fare, potevo vivere di rendita e anzi, se ho iniziato a giocare, è stato proprio per quello: noia". La vita del giocatore vip era al di sopra di ogni limite? "Avevo a disposizione anche un call center attivo 24 ore su 24, mi dicevano che ero il secondo giocatore d’Italia, anche se ora so che ero il secondo “scemo” d’Italia...". Ha accettato di parlare per dare testimonianza contro quel mondo. "Sì, ma quella contro il gioco è una battaglia persa, come Napoleone a Waterloo. Contro la non umanità del sistema puoi poco o nulla, un sistema che vede cosa stai facendo e applica le sue contromosse. Quello che spaventa in altri giochi on-line come il poker è che lì si possono fare anche puntate minime, da pochi centesimi, fatte per attirare i ragazzini: basti vedere come scompaiono all’improvviso dalla rete tantissimi giocatori... dopo l’orario di inizio delle scuole". E le slot? "Quelle proprio non le capisco, è un gioco incontrollabile. A me almeno piaceva vedere se i miei calcoli funzionavano... anche se alla lunga ho capito che non si vinceva". Quanto alla lunga? "Ho giocato per un anno prima di decidere di smettere". Quante ore al giorno? "Sette od otto". Quanto ha perso? "Un appartamento... circa 140mila euro". E poi? "Poi ho capito che non avevo altri appartamenti da perdere...". Nostalgia? "Per un anno non ho pensato ad altro, anche suoni e colori fanno in modo di attirarti e tenerti incollato, sembra lo sballo di una discoteca, quando giochi on-line vai in un’altra dimensione". Come una droga? "Credo di sì".